"Che esseri strani noi siamo!"
notò il mistico Rumi del 13.mo secolo,
"Che, stando nell'inferno nel fondo delle tenebre,
temiamo la nostra stessa immortalità!".
notò il mistico Rumi del 13.mo secolo,
"Che, stando nell'inferno nel fondo delle tenebre,
temiamo la nostra stessa immortalità!".
Forse è davvero il potere di scegliere la nostra immortalità, come pure ogni cosa dalla nostra guarigione personale alla pace nel mondo, che davvero ci spaventa!
Un crescente corpo di evidenza scientifica suggerisce che siamo noi – la nostra coscienza – che tiene la chiave della vita e perfino della realtà stessa. Nel 1967 il fisico pionieristico Konrad Zuse sposò le idee della coscienza con la moderna tecnologia e propose che il nostro Universo lavora come un grande computer della coscienza. E, proprio come ogni computer traduce comandi input in "risultati output", il nostro computer della coscienza cosmica pare fare esattamente la stessa cosa! Quando traduciamo le nostre più profonde credenze nella realtà del nostro mondo, noi stiamo letteralmente riscrivendo il codice che fa apparire l'Universo come appare.
Vivere in un Universo partecipativo. Una serie di scoperte eccezionali ci ha dato un potente nuovo modo di pensare il nostro ruolo nell'Universo. Piuttosto della visione convenzionale che suggerisce che noi siamo degli osservatori passivi, che vivono un breve momento di tempo in una creazione che già esiste, le scoperte suggeriscono che è effettivamente la coscienza stessa che è responsabile per l'esistenza dell'Universo! Forse la scoperta più rivoluzionaria che supporta questa idea è il fatto scientifico che, quando osserviamo la materia di cui è fatto il nostro mondo – minuscole particelle quantiche come un elettrone, per esempio – proprio l'atto di noi che osserviamo quell'elettrone cambia il modo in cui esso si comporta in nostra presenza. Ma c'è di più: quanto più a lungo lo guardiamo, tanto più esso cambia!
Nel 1998 degli scienziati dell'Istituto israeliano delle scienze Weizmann documentarono questo fenomeno mostrando che "quanto più grande è l'ammontare dell'osservare, tanto più grande è l'influenza dell'osservatore su quanto effettivamente succede" (Nature, 26 Feb.1998). Citando questi esperimenti il fisico dell'Università di Princeton John Wheeler suggerisce che noi non solo abbiamo un ruolo nella creazione del nostro mondo di ogni giorno, ma che noi giochiamo il ruolo primario in quello che lui chiama un "Universo partecipativo". Wheeler dichiara che non possiamo più pensare a noi stessi come spettatori che non hanno effetto sul mondo che ci circonda in quanto è impossibile osservare semplicemente. Se siamo vivi e consci noi stiamo influenzando il nostro mondo. "La vecchia parola "osservatore" – egli dice – deve semplicemente venire radiata dai libri… mentre dobbiamo mettere al suo posto quella nuova di "partecipanti!".
La chiave della proposta di Wheeler è la parola "partecipativo". In un Universo partecipativo voi e io siamo parte dell'equazione. Noi stiamo creando gli eventi della nostra vita, proprio come le esperienze di quello che creiamo: ambedue stanno avvenendo nello stesso tempo!
In altre parole noi siamo come degli artisti che esprimono le più profonde passioni, paure, sogni e desideri tramite l'essenza vivente di un misterioso canovaccio quantico. La differenza tra noi egli artisti convenzionali è comunque che siamo noi il canovacci, come pure le immagini sopra di essi. Noi siamo gli strumenti, ma pure gli artisti che li usano. E, proprio come gli artisti perfezionano un'immagine finché essa è proprio giusta nella loro mente, noi possiamo pensare di noi stessi come artisti perpetui, che costruiscono una creazione, che sta sempre cambiando e mai termina. Per il tramite della nostra tavolozza da artista, costituita da credenze, giudizi, emozioni e preghiere, noi ci troviamo in relazioni, lavori e situazioni di supporto e tradimento, che si svolgono con persone diverse in luoghi diversi. Che magnifica, bizzarra e possente concezione! Vivere partendo dalla risposta
La prospettiva di noi che partecipiamo a un Universo sempre in mutazione comporta che la soluzione di ogni condizione è un cambiamento di attitudine e credenza. E questo è il grande segreto di sospingere i desideri del nostro cuore dalla possibilità dell’immaginazione alla realtà delle nostre vite di ogni giorno. La chiave è la nostra capacità di sentire come se i nostri sogni si fossero già avverati, come se le nostre preghiere fossero già state esaudite, e vivessimo partendo da questa sensazione.
C'è una differenza sottile, eppure potente, tra il lavorare in vista di un risultato e il sentire partendo da quel risultato. Quando lavoriamo in vista di qualcosa noi ci imbarchiamo per un viaggio senza precisi limiti e che non termina mai. Mentre potremmo identificare delle pietre miliari e stabilire delle mete per portarci più vicini al compimento del viaggio, nella nostra mente noi siamo sempre in viaggio verso la meta, piuttosto che nell'esperienza di realizzare la nostra meta. Questo è precisamente perché l'invito di Neville di "entrare nell'immagine" del desiderio del nostro cuore, e di pensare "partendo da esso", è così potente nelle nostre vite.
Negli antichi studi sulle arti marziali noi vediamo una magnifica metafora nel mondo fisico proprio per il modo in cui questo principio lavora nella coscienza. Quando gli artisti delle arti marziali scelgono di spezzare un blocco di cemento come dimostrazione di focalizzazione, per esempio, l'ultimissima cosa che c'è nelle loro menti è quella del posto in cui la loro mano toccherà quel blocco. La chiave è quella di focalizzarsi sopra l'atto completo: la guarigione già avvenuta o il mattone già rotto. Come studente di arti marziali mi venne insegnato di fare ciò focalizzandomi su un punto nello spazio che è al di là del fondo del blocco. Il solo modo in cui la mia mano poteva essere in quel punto era quello che essa fosse già passata attraverso il mattone. In questo modo io stavo pensando partendo dal compimento, invece che dal pensare quanto duro sarebbe stato il raggiungere questo compimento. Io stavo sentendo la gioia di come ci si sente quando si compie quell'atto, piuttosto che pensare a tutte le cose che devono succedere prima che potessi avere successo.
Questo semplice esempio offre un'analogia potente relativa al modo in cui la coscienza sembra lavorare. E questo è il grande segreto che è stato protetto e preservato per noi nella saggezza del nostro passato. Dai monasteri dell'Egitto e del Tibet fino ai testi dimenticati delle nostre più amate tradizioni ci viene ricordato che noi siamo parte del mondo che ci circonda, piuttosto che separati da esso. Come parte di ogni cosa che vediamo noi abbiamo il potere di partecipare – e non di controllare o manipolare – ma di pianificare coscientemente il corso delle nostre vite e il nostro mondo.
Vi prego di non essere delusi dalla semplicità delle parole del filosofo contemporaneo Neville Goddard, quando suggerisce che tutto quello che abbiamo bisogno di fare è di "assumere la sensazione del nostro desiderio esaudito".
In un Universo partecipativo di nostra propria fattura, perché mai dovremmo aspettarci che pace, guarigione e una vita lunga e sana dovrebbe essere ancora difficile da raggiungere?
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