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venerdì 6 agosto 2010

Invictus

In seguito alle riflessioni sui Retti Rapporti Umani mi è tornato in mente il film Invictus, visto da recente. A parte la vittoria del campionato mondiale di rugby (1995) su cui è centrata la narrazione del film, il tema di fondo che guida le scelte di Mandela è quello di creare una nazione, (possiamo dire, basata sui Retti Rapporti Umani) :
"Fermare il circolo vizioso di paura" attraverso la "comprensione, la moderazione, la generosità, la riconciliazione e il perdono verso chi ti ha tenuto rinchiuso in cella per 30 anni". Essere migliori di chi ti ha imprigionato. Ecco alcune frasi di Nelson Mandela citate nel film:
  • Noi dobbiamo provare a non essere quello che essi temono. Noi dobbiamo sorprenderli con la compassione.
  • Se io non so cambiare quando le circostanze lo impongono come posso chiedere agli altri di cambiare?
  • Il perdono libera l'anima e cancella la paura.

A me sembra un esempio concreto di costruzione di Retti Rapporti Umani in una situazione difficilissima.
Alla segretaria che gli chiede "La partita è allora una questione politica?", Mandela risponde: "No, è una questione umana. Dobbiamo rispettare i loro valori anche se loro non hanno rispettato i nostri."
La vicenda è tratta da un romanzo di John Carlin che parla di una storia vera: “Ama il tuo nemico. Nelson Mandela e il gioco che fece una Nazione”.
Il film è senz'altro da vedere, anche se i soliti saccenti lo accusano (?!) di "buonismo". Forse questi critici preferiscono i film di violenza con una brutta fine: così sono contenti perché, secondo loro rappresentano la vera realtà. Ma forse, si pensa, che i buoni esempi non facciano buoni ascolti, anche se è vero che esistono molti, moltissimi film troppo sdolcinati e fuori dalla realtà. In particolare molti film "sentimentali" mostrano e racconto di sentimenti idealistici e quasi impossibili da realizzare nei rapporti di coppia creando aspettative illusorie e quindi delusione e stress.
Tornado a Invictus riporto la poesia di Henley che nel film ha molto risalto ai fini della vittoria su se stessi e, quindi, sul campo di gioco.
Il poeta inglese William Ernest Henley (1849-1903) all'età di 12 anni rimase vittima di una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all'età di 25 anni lo costrinse all'amputazione di una gamba. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa altri 30 anni con una protesi artificiale, fino all'età di 53 anni. La poesia Invictus fu scritta proprio sul letto di un ospedale.


Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.


.:.

Versione riportata nel film:

Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
Ringrazio gli dei chiunque essi siano
Per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
Incombe solo l'Orrore delle ombre,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.


.:.


Altra traduzione:


Dalla notte che mi avvolge,
Nera come la fossa dell’inferno,
Rendo grazie a qualunque dio ci sia
Per la mia anima invincibile.

La morsa feroce degli eventi
Non m’ha tratto smorfia o grido.
Sferzata a sangue dalla sorte
Non s’è piegata la mia testa.

Di là da questo luogo d’ira e di lacrime
Si staglia solo l’Orrore della fine,
Ma in faccia agli anni che minacciano
Sono e sarò sempre imperturbato;

Non importa quanto angusta sia la porta,
Quanto impietosa la sentenza,
Sono il padrone del mio destino,
Il capitano della mia anima.


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Alcune parti tratte da  Invictus, Wikipedia.org

Collegamenti
- Al libro "Io, Nelson Mandela"
- il-padrone-del-mio-destino-il-capitano-della-mia-anima/
-

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