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lunedì 8 gennaio 2018

giovedì 19 luglio 2012

La Quarta Via

georges gurdjieff 238x300 La Quarta ViaLa Quarta Via è il sistema introdotto in occidente all’inizio del secolo scorso da George Gurdjieff attraverso il quale si può raggiungere un reale e completo sviluppo dell’uomo. Il nome “Quarta Via” è usato per differenziare il sistema da altri che Gurdjieff ha descritto in relazione al loro specifico lavoro sull’essere:
  • La via del Fachiro, si esprime attraverso l’uso del corpo per raggiungere un livello di consapevolezza superiore.
  • La via del Monaco, si esprime attraverso l’uso della componente emozionale, come la fede e il “rapimento” mistico.
  • La via dello Yogi, utilizza la parte intellettuale attraverso la conoscenza.

La Quarta Via si fonda sull’uso equilibrato di tutte le funzioni attraverso il loro sviluppo simultaneo. Gurdjieff enfatizza la necessità di uno sviluppo complessivo al fine di ottenere un risultato individuale completo che non necessiti difficili e dolorosi processi di ricostruzione in un secondo tempo. Secondo le descrizioni che riportate negli scritti di Ouspensky (Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto) un uomo che abbia raggiunto certe capacità attraverso le prime tre vie, per diventare completo deve, attraversare un processo complesso e doloroso di “rifusione” di quanto ha precedentemente cristallizzato, iniziare da capo un lavoro su quelle parti che ha lasciato sottosviluppate; in questo senso il lavoro delle prime tre vie può essere più pericoloso e difficile del lavoro sulla Quarta Via.
Gurdjieff non ha mai chiamato il suo insegnamento la Quarta Via, fu Ouspensky ad usare il nome per indicare l’insegnamento del maestro. Il testo, pubblicato postumo, degli incontri di Ouspensky si intitola “La Quarta Via”. Oggi l’insegnamento di Gurdjieff è conosciuto come “Il Lavoro” o “Lavoro su di sé” o semplicemente “Lavoro”.
Gli insegnamenti di Gurdjieff si riferiscono principalmente al posto ed al ruolo dell’uomo nell’Universo e alle sue possibilità di sviluppo interiore. Gurdjieff si riferisce alla condizione dell’uomo ordinario considerando che egli è in uno stato di “sonno ad occhi aperti”, superato il quale è possibile accedere a stati di coscienza più elevati, ma solo attraverso lo sviluppo di nuove capacità interiori.
Gurdjieff insegnò come aumentare e concentrare la propria attenzione per dirigere e non disperdere la propria energia, come minimizzare i sogni ad occhi aperti e l’assenza di partecipazione alla propria esistenza. In accordo con il suo insegnamento, questo sviluppo interiore dell’uomo è l’inizio di una possibilità di cambiamento d’essere che ha lo scopo di trasformare l’uomo in quello che Gurdjieff chiama “uomo normale”, un essere con tutte le sue potenzialità sviluppate e con la capacità di essere partecipe della sua vita e del mondo che lo circonda.

 

venerdì 22 giugno 2012

Sorella Morte § Siamo disponibili e vivere?



Sebbene il parlarne suscita una certa angoscia affrontare e fare delle riflessioni sul tema della morte, volontariamente e non solo quando siamo colpiti dalla dipartita di qualcuno a noi vicino, è estremamente utile e direi necessario per chiunque voglia veramente affrontare un cammino di conoscenza.
Nel corso della storia umana la morte ha assunto diversi significati e anche all’interno dello stesso periodo e contesto culturale la morte può essere percepita e vissuta in modi molto diversi.
La morte era terribile per Cicerone, desiderabile per Catone e indifferente per Socrate.
Oggi in genere l’angoscia nell’affrontare questo tema non nasce dall’imminenza della morte, né dalla consapevolezza della finitezza dell’uomo, ma dalla sensazione di non aver approfittato di tutte le possibilità che la vita ci ha offerto, dalle occasioni mancate, dai progetti irrealizzati, dai tanti errori e cattiverie che si potevano evitare.
Di fondo bisogna avere la consapevolezza che né la vita né la morte ci appartengono, ma se la nascita è un evento che non decidiamo, il modo in cui viviamo e ci rapportiamo al distacco ha a che vedere strettamente con la nostra filosofia di vita e il senso che diamo al nostro esistere.

Fonte
- http://www.laboratorio-coscienza.org/

La vita è inspiegabile, se la si possiede.
Solo le cose morte possono essere spiegate.
Ogni volta che incontri una persona viva, percepirai un mistero.
Shree Rajneesh (Osho)




martedì 28 febbraio 2012

Copia Assimila e Sigilla nel tuo Cuore queste Preziose Perle di Saggezza


AVENDO COMPRESO LA NATURA DI TUTTI I LEGAMI

E NON BRAMANDONE PIU' ALCUNO.

SPOGLIATO DALL'EGO
LIBERO DAL DESIDERIO SMODATO,
DAGLI AFFANNI E DALL'AGITAZIONE DEL CORPO.

DOTATO DI AUTODOMINIO
SALDO NEL CARATTERE
SUPERATA OGNI CONFUSIONE MENTALE
AVENDO LA CHIARA VISIONE DEI FENOMENI
ASTENENDOMI DAGLI ORNAMENTI DELLA CONCUPISCENZA DEI SENSI.

NON ABBRACCIANDO ALCUNA OPINIONE
OSSERVANDO IL RETTO COMPORTAMENTO
IMMUNE DA CUPIDIGIA, IRA E GELOSIA
RISOLUTO E INTENTO AL SOMMO BENE
AVENDO SPERIMENTATO LA VANITA' DELLE VARIE FORME DI ESISTENZA.

NON VI E' PIU' ALCUN ASTIO NEL MIO CUORE.

A NULLA ASPIRO
POICHE' HO RAGGIUNTO L'OPPOSTA RIVA
(... quella del DISTACCO e del NON-ATTACCAMENTO).

HO RAGGIUNTO LA PACE IMPERITURA
SALDO NEI PERICOLI E INTREPIDO DI FRONTE ALLA MORTE
PROCEDO LIBERO E SERENO PER LA VIA DEL CIELO.

(Raccolta di aforismi dal Sutta Nipata)





domenica 17 luglio 2011

Paradossi e Sofismi § Coscienza individuale e globale

Riportiamo questo particolare, interessante, ironico, sintetico articolo sulla coscienza,
tratto da [Fonte]

Spirali di luce - A_Light_for_Dark_Places_by_nightmares06buythisprintfromwww_deviantart_com

Paradosso della molteplicità delle percezioni esistenziali coscienti

Il titolo fa figo. Questo è indubbio.
Dunque, ho risolto i grandi dubbi esistenziali con un po' di internet e di consapevolezza, niente di difficile. Ma c'è un dubbio che mi assilla e che non pare molto comune, anzi. Non ho mai letto nessuno porre un problema esattamente identico a quello che sto per porre, nonostante sia di estrema importanza per una comprensione completa dell'esistenza. Certo, della coscienza si parla tanto, ma non di come la sua individualità sia incompatibile con la logica basilare. Ho usato la funzione di ricerca avanzata, e ho cercato su internet in generale.
Sembrerò prolisso, ma mi si creda, è esaustività necessaria per la comprensione del dilemma.

Si intenda con il termine coscienza il nostro "io" pensante, la nostra consapevolezza, il nostro percepire l'esistenza, il percepire i cinque sensi di un determinato individuo fisico, si intenda l'anima o lo spirito, se così piace chiamarli.

È fondamentale capire cosa voglio intendere con quest'entità, prima di proseguire:

essa è rendersi conto di esistere; la persona vicino a voi vi dirà che lei si rende conto di esistere, che pensa, magari è pure solipsista, ma voi percepite soltanto i vostri pensieri e i vostri cinque sensi, non è vero? Ecco, questo vostro percepire è l'entità che io chiamo percezione, un'entità ricettiva esistenziale, in un certo senso astratta, la vera coscienza.
La questione è quella che segue.

Perché si avverte un'unica coscienza, e questa è legata ad un cervello fra tutti?

Oppure, riformulando, perché si avverte un'unica percezione, un'unica mente, un unico io e, perché questo io è legato ad un cervello fra tutti, ad un punto di osservazione e di ricezione sensoriale fra tutti quelli possibili?

La risposta stolta, che non comprende il quesito, afferma: «Perché tu sei quel determinato cervello e quindi quello avverti».
Ma la domanda indaga come sia possibile che esistano, se davvero è così, tante percezioni anziché una soltanto, tante coscienze anziché una, che la natura posiziona casualmente o meno in determinati cervelli.
Posto infatti che la materia è una, da essa dovrebbe generarsi una sola percezione.
Elaboro.
La materia, ciò che è fisico, ciò che è, è uno. Noi esseri umani possiamo distinguere in questo tutto delle cose singole, grazie alla logica. Ma il mio piede fa parte dell'Universo, è la stessa materia della formica. Se quindi da processi fisico-elettrici della materia si genera una percezione della materia, ovvero una capacità della materia di riflettere sul suo stesso essere, di accorgersi di essere, ha senso credere che tale percezione sia una.
Invece pare di pensiero comune credere che le coscienze siano tante, ognuna per i vari esseri che noi con nostra logica umana abbiamo distinto. Ma benché i cervelli siano tanti, possa contarli, possa vederli tutti, le coscienze non posso percepirle tutte: percepisco solo la mia.
Si scopre dunque un paradosso esistenziale: la coscienza dovrebbe essere una monade, una per tutti, per tutta la materia esistente, e invece io ne avverto una che è specificatamente correlata al cervello della mia persona fisica, e di conseguenza sarebbe verosimile che gli altri cervelli ne avvertano anch'essi una differente, ma ciò, di nuovo, è assurdo poiché la materia è una.
Io ho i miei ricordi. Li ho perché sono nella memoria del mio cervello, ma li posso leggere solo perché c'è una percezione, un'entità ricettiva esistente. È assurdo che quest'entità sia confinata e legata al mio cervello anziché estesa all'intero universo. Per capire a fondo il problema è necessario comprendere che è proprio assurdo. Finché sembrerà normale vorrà dire che non si è davvero colto il problema esposto.
Questa domanda trova una possibile risposta nel solipsismo, il quale afferma che tale monade è appunto quella che il filosofo individuo avverte; nel mio caso, essa sono io e io soltanto. È vero che ogni individuo può essere solipsista e può ammettere di essere lui la vera coscienza, tuttavia, anche un robot, opportunamente programmato, può ammettere di esserlo, quindi ciò non smonta l'idea che l'unica vera percezione dell'esistenza sia la mia, che l'unica percezione sia Io che scrivo.
Nonostante ciò, è comprensibile ch'io sia alla ricerca di una diversa conclusione, perché il solipsismo appare incongruente con la realtà visibile-logica. Voglio dire, di tanto tempo, di tanto spazio, di tanti esseri, non c'è alcunché che possa spiegare perché l'impianto di tale percezione sia avvenuto sul mio cervello anziché sui numerosi altri cervelli possibili.
Mi viene l'idea di una percezione materica che viaggi lungo il tempo attraversando diversi cervelli come fosse vento, ma pare quasi un'idea religiosa o un film.
Un'altra risposta dice che esiste una coscienza globale e che io sono una parte di essa, e perciò avverto solo tale parte. Ma la percezione è percezione, punto. È una cosa. Esiste lo spazio, esiste il tempo, esiste la percezione esistenziale. Punto. Lo scenario di chi risponde vorrebbe invece che essa si divida in tanti piccoli pezzi, ognuno per ogni cervello. È come dire che l'universo esistente è separato in un certo numero di sotto-universi non comunicanti, in base al numero, chessò, di galassie o di ammassi di galassie. Nonsense. E anche se fosse, non c'è ragione perché Io avverta soltanto una sottoparte della percezione globale (l'Io della frase è di comodo).

Altra risposta: «La coscienza è un'illusione».
In pratica, quest'idea racconta che ogni cervello si autoconvince di essere l'unica mente pensante. Quindi saremmo tutti dei robot pensanti. Il problema è che il ragionamento funziona fintanto che si guarda l'universo dall'esterno e lo si analizza come se fosse qualcosa di separato da colui che analizza, ma non appena ci si accorge di essere l'unica "percezione percepibile" che vive tra i robot, la spiegazione va a farsi benedire, perché si reinstaura la domanda iniziale.
Uno potrebbe dire: «Ma è proprio questa l'illusione!»; no, perché si dimentica totalmente un elemento d'analisi, cioè la propria percezione, lo si lascia fuori mentre s'ha invece da tenerne conto per consentire un'analisi completa e corretta. Troppo facile scartare ciò che dà fastidio cambiandone la natura.

In sintesi, di seguito.

A favore della coscienza unica:
- si percepisce una sola coscienza, la propria;
- la materia è una, e da essa si deve generare una sola percezione.

Contro la coscienza unica:
- è assurdo che la percezione esistenziale universale sia legata ad un singolo cervello fra tutti;
- il solipsismo è un po' troppo fantastico, alla Matrix.

Si genera dunque un paradosso.
Diversamente da ciò che si potrebbe dire sull'universo, ovvero che esiste perché così è, non si può affermare lo stesso per la percezione, a causa di questo paradosso.
Sulla sorgente della coscienza, per chiarire meglio:
pare che la coscienza nasca da processi cerebrali e quindi può sembrare ovvio che ogni cervello abbia una singola coscienza propria la quale si è generata da esso.
Dove sta dunque l'inghippo? Nel fatto che di tutte le coscienze esistenti, tu lettore, avverti soltanto quella della persona fisica [tuo nome e cognome].
Per immedesimarmi in te lettore e rendere la frase precedente più corretta, posso dire che si percepisce soltanto la coscienza della persona fisica [tuo nome e cognome].
Questa è un'inconsistenza logica, un paradosso. Si dovrebbero infatti percepire tutte le singole coscienze, seppur in qualche modo mantenendole collegate ai vari cervelli.
Si dovrebbe essere un dio che può coesistere in tutti i cervelli. Invece non è così, e ciò mi risulta inspiegabile.
Ebbene, molto probabilmente non c'è soluzione a questo paradosso esistenziale, ma mi trovo costretto verso la ricerca di una risoluzione e verso la diffusione di tale dilemma.

[Fonte]

Immagine: Spirali di luce - A_Light_for_Dark_Places

Note:
1. Nello spazio-tempo, alcune volte si ha la percezione di percepire ciò che percepisce un'altra coscienza (la ripetizione del termine "percepire" è evidentemente voluta...). Si ha la sensazione di condividere un certo tipo di percezione...
2. Nell'esoterismo una coscienza "monadica" percepisce tutto come uno, come una coscienza unica; possiamo, quindi, ipotizzare che possono esistere diversi tipi e diversi livelli di coscienza...


martedì 10 maggio 2011

La continuità e la permanenza non sono che illusioni

UroborosNon può esserci continuità.
La continuità implica un'identità nel passato, nel presente e nel futuro. Ma una tale identità è impossibile, dato che gli stessi oggetti con cui ci si identifica fluttuano e cambiano.
La continuità, la permanenza, non sono che illusioni create dalla memoria, pure proiezioni mentali d'un modello laddove non può esserci alcun modello.
Il tempo è nella mente, lo spazio è nella mente. In realtà, il tempo e lo spazio esistono in te; non sei tu ad esistere in loro. Sono modi della percezione, ma non sono gli unici.
Il tempo e lo spazio sono come parole scritte sulla carta; la carta è reale, ma le parole sono solo una convenzione.
Tutta l'esistenza è immaginaria. Il tempo è infinito, benché limitato, l'eternità avviene nello spaccato del momento presente. La manchiamo perché la mente fa la spola fra il passato e il futuro e non si ferma a mettere a fuoco il presente.
Ma questa è una cosa che si può fare abbastanza facilmente, se si desta l'interesse.

Nisargadatta Maharaj

Fonte:
- http://blog.libero.it/SoleAdOriente/10197882.html

Link:
- Ervin Laszlo: L'esperienza Akashica - Leggere il campo di memoria e informazione del Cosmo
- La mente e i pensieri...
- Video: La materia è un'illusione?


domenica 26 settembre 2010

Aforismi Diacronici (50-59)

50. Se stai inseguendo qualcuno i casi sono due: o è l'altro (o l'altra) ad essere più veloce di te o sei tu ad essere più lento…

51. La mappa non è il territorio. La parola non è l'azione. La parola è testimonianza. L'azione è testimonianza, espressione di un modo di essere.

52. Accettare ugualmente la vita e la morte, il giorno e la notte, il caldo e il freddo, la sofferenza e il piacere: sono tutte "illusioni" derivanti dalle nostre convinzioni, dal nostro dal modo di vedere, di concepire le cose.

53. Siamo guidati da ciò che ci domina.

54. Il Fiume della Conoscenza
      La Montagna della Coscienza
      La Fenice dell'Esistenza

55. Quello che noi chiamiamo "amore" spesso non è altro che un "capriccio" degli dei. (Dopo aver visto il film "Sogno di una notte di mezza estate " di Michael Hoffman, tratto dall'omonima opera di Skakespeare). Scheda film: qui

56. Come il sole tramonta
       nel suo ciclo
       e risorge
       Così anch'io tramonterò
       nel mio ciclo
       e risorgerò

57. E' la mente la responsabile del perfezionismo.

58. Spesso, chi ti regala i momenti più belli, ti regala anche i momenti più brutti.

59. Aiutami a far pace con la Vita, con il mondo, con gli altri, con Te...con me stesso.

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