Visualizzazione post con etichetta Europa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Europa. Mostra tutti i post

domenica 6 settembre 2015

La marcia dei profughi ci dice che servono gli Stati Uniti d’Europa | Linkiesta.it

05/09/2015

La marcia dei profughi ci dice che servono gli Stati Uniti d’Europa

I rifugiati si dirigono a piedi verso Vienna: un pasticcio combinato dagli Stati nazione. Mai come oggi è necessaria un’Unione politica
Matt Cardy/Getty Images

Matt Cardy/Getty Images

 
Parole chiave: 
Argomenti: 



La Storia, con la S maiuscola, ci sta passando accanto e, come al solito, è una somma di eventi casuali, imprevedibili, incontrollabili. Di tutte le nuove frontiere, fino a pochi mesi fa, quella issata dal premier ungherese Orbàn, con il suo muro e il suo filo spinato, sembrava la più alta e invalicabile. Così non è stato. Lo stesso sembrava valere per il blocco dei treni verso la Germania, figlio della volontà di identificare chiunque fosse entrato in Ungheria. Niente da fare. Mentre scriviamo, diverse migliaia di profughi - uomini e donne, vecchi e bambini, sani e disabili - stanno marciando da Budapest a Vienna, 240 chilometri, in un esodo che ha qualcosa di biblico, di millenario. 
La retorica è un pericoloso nemico, ma è evidente la sensazione che sia saltato un tappo. Che l’Occidente e l’Europa se mai sono state una fortezza, hanno brecce da tutte le parti. Che questa gigantesca migrazione dai luoghi della follia islamista e di una guerra brutale - che noi occidentali abbiamo contribuito a far nascere e rinfocolare - cambierà per sempre i connotati demografici, sociali, culturali, politici del Vecchio Continente.
Angela Merkel (Adam Berry/Getty Images)

LEGGI ANCHE

Al centro di tutto c'è Angela Merkel. Colei cui i profughi inneggiano. Colei che, con la mossa di offrire accoglienza ai siriani in fuga dalla guerra ha generato l'insostenibile pressione al confine ungherese e la lunga marcia di queste ore. Colei che ora dovrà necessariamente prendersi in carico la trattativa più difficile della sua vita. Non tanto quella di conciliare il trattato di Schengen con quello di Dublino, o le istanze italiane con quelle polacche. La marcia dei profughi le impone - ci impone - di adattare l’Europa a questa realtà.
La marcia dei profughi ci impone di adattare l’Europa a questa realtà
Se l’Europa fosse davvero unita la crisi, forse, nemmeno sarebbe iniziata. Ci sarebbe un corridoio umanitario. Ci sarebbero flussi molto più fluidi, rapidi, parcellizzati. Ci sarebbe un capo di governo eletto che parla per tutti. Ci sarebbe probabilmente un potere diverso per imporre a paesi come la Libia o la Turchia una più seria caccia allo scafista. Soprattutto, non si perderebbe buona parte del tempo a disposizione a polemizzare, ad accusarsi reciprocamente di opportunismo, a piangere miseria, a sperare che altri paesi europei facciano il lavoro sporco e si tengano i guai. Perché almeno una cosa c'è da sperare sia chiara a tutti: che il pasticcio di questi giorni non l'ha provocato l'Europa, ma l'incapacità degli Stati nazionali di guardare oltre il loro orticello. Che gli Stati Uniti d’Europa non sarebbero mai stati così utili, mai così necessari.
Non è detto che accadrà, purtroppo. Le elezioni del 2017 in Francia, in Germania e (forse) in Italia finiranno per essere una straordinaria occasione per i nazionalisti e i populisti di destra e di sinistra che attaccheranno l’Europa proprio su questo terreno, proponendo di erigere confini anziché abbatterli definitivamente. O, ancora peggio, di tornare indietro agli anni '80, alle lirette e alle pesetas, alle dogane e ai passaporti. Il tutto, proprio quando la realtà dimostra che erigere un muro di fronte a questa immensa fuga non serve a nulla. Il nodo, in ogni caso è al pettine e l'alternativa è una sola: salutarci tutti e far detonare, in un cumulo di scartoffie, il sogno novecentesco diSchumann, Adenauer, De Gasperi, Spinelli. Molti di noi non lo capirebbero, così come i profughi del resto. E se il futuro non capisce il presente, a essere sbagliato è il presente. 
Cadaveri riportati a riva dopo un naufragio sulle coste libiche (credits: MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)

LEGGI ANCHE

LEGGI ANCHE


Parole chiave: 
Argomenti: 

































































































































FONTE: La marcia dei profughi ci dice che servono gli Stati Uniti d’Europa | Linkiesta.it

______________________________

martedì 8 marzo 2011

Il Futuro dell'Europa?

Cosa vede nel futuro dell’Europa?

Il pensiero della nostra decadenza fa ormai parte del nostro vivere quotidiano: si traduce nella paura, nel cinismo, nella perdita della speranza. Ci sono segni evidenti di questo. Ma perché non divertirsi allora ad andare in senso contrario, perché no? Bisogna ammettere, contro quello che dicono i dirigenti politici, che la nostra identità collettiva culturale è antica e forte e che ed è questa identità che ancora oggi esercita una grossa influenza nel mondo intero, anche se il peso economico e politico dell’Europa diminuisce. I crescenti dubbi davanti al marasma politico europeo, sulla capacità delle istituzioni di difendere i propri cittadini, hanno finito col separarci gli uni dagli altri, molto più profondamente di come eravamo nel XIX secolo. Goethe riceveva e scopriva con passione tutto quello che veniva pubblicato in Europa, e leggeva quasi sempre in lingua originale. Non credo che ci sia niente di male a credere che le nostre vecchie lingue siano belle, che le nostre culture siano ancora ricche di frutti, e penso anche che nelle prime file di coloro che porteranno avanti questa cultura ci saranno i figli e le figlie dei migranti che sono arrivati da noi spinti dalla miseria e dalla disperazione.

Fonte: Intervista a Antoine Audouard

___________________________________________________

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

POST RECENTI DA BLOG SELEZIONATI