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sabato 2 marzo 2019

Fallire. Siamo umani, siamo un fallimento. | Il nuovo mondo di Galatea

Fallire. Siamo umani, siamo un fallimento. | Il nuovo mondo di Galatea:

C’è ormai tutta una etica e una estetica legata al fallire e al fallimento. Ci sono quelli che non falliscono mai (gli stessi che non dovevano chiedere mai, come un celebre uomo profum…

sabato 8 settembre 2018

Saggezza

La saggezza significa perseguire i fini migliori attraverso i mezzi migliori.
Francis Hutcheson

sabato 30 dicembre 2017

Il Sasso Miracoloso (G. I. Gurdjieff)

Il Sasso Miracoloso (G. I. Gurdjieff)

https://www.meditare.net/wp/racconti/il-sasso-miracoloso-gurdjieff/

venerdì 14 aprile 2017

La soluzione dei problemi...

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La soluzione dei problemi... 
La soluzione non è "non avere problemi" 
ma accettarli, affrontarli e risolverli con il sorriso 😉 
in bocca, in testa e nel cuore 💝 
elevando la Coscienza 🌞
e vedendoli come strumenti per Evolvere.  
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domenica 2 aprile 2017

Il Bramito dei Cervi

Risultati immagini per cervi che lottano


Nei boschi del nord stava per arrivare l'autunno con i suoi meravigliosi colori.
La vita si preparava al ciclo stagionale e metteva le basi per il risveglio primaverile. 
Nell'aria si sentivano i canti degli uccelli che si preparavano a migrare, il vento frusciava fra le foglie e si mischiava al mormorio cristallino delle acque dei ruscelli e forte risuonava per le valli il bramito dei cervi che combattevano per avere il privilegio di creare nuova vita. 
Un pellegrino solitario attraversava quei luoghi. 
Si fermò al limitare di una radura,  si appoggiò al bastone per osservare due cervi che combattevano per la supremazia sul branco e, guardando un gruppo di cerve che brucavano lì vicino con fare quasi indifferente, si ricordò del suo passato di pastore.
I cervi lottavano ormai da tanto tempo e nessuno dei due sembrava prevalere. 
Videro l'uomo. Si fermarono, poi lentamente gli si avvicinarono per far decidere a lui chi fosse il più forte. 
Il pellegrino li osservò con calma e si ricordò degli arieti del suo gregge che lottavano per la supremazia.
Prese un po' di tempo per riflettere e dopo disse:
"E' giusto che chi comanda un gruppo sia il più forte ma non basta, oltre alla forza bisogna avere altre qualità.
Dovete dimostrare di essere anche il più intelligente perché dovrete guidare il gruppo sul giusto sentiero ma, ancor di più dovrete essere anche il più saggio perché dovrete fare il bene di tutto il gruppo e non solo affermare la propria forza e la propria intelligenza.
Dovete conoscere la vita e i suoi misteri per far si che sia essa che si affermi e non solo il proprio potere."
Detto ciò, sorrise, accarezzò i due cervi e riprese il suo cammino. 

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sabato 25 marzo 2017

Pensiero del giorno: Dalla sofferenza alla Saggezza | Il portale della Fratellanza



Il portale della Fratellanza

Pensiero del giorno: Dalla sofferenza alla Saggezza



La sofferenza è lo strumento per apprendere la lezione della Vita finché non si accede alla Saggezza che è l’effetto della visione costante del Piano Divino.
Prima di questa realizzazione l’unico modo di evolvere entro la forma è soffrire. I cambiamenti avvengono lentamente ad ogni passo in cui il dolore conduce l’attenzione della coscienza sul significato dello sperimentare finché essa comprende la lezione e la traduce in esperienza, ossia, trasmuta la forma distorta e dolorante in manifestazione gioiosa e gloriosa del Progetto evolutivo.
La conoscenza agevola il processo verso la Saggezza, elaborando la sofferenza dovuta all’ignoranza, anche se non ne costituisce un elemento integrante. La conoscenza è il metodo di focalizzazione della coscienza sulla materia in modo che, lo studio della teoria, cioè, il contatto con la struttura divina delle cose, comporti una più efficace pratica trasmutativa delle forme stesse. Passo dopo passo il metodo disciplina la coscienza che integra i propri veicoli personali per compiere il balzo, o il "salto quantico", verso la Saggezza. Con ciò la sofferenza conclude il suo compito ed alla coscienza si dischiude un mondo nuovo fatto di Verità e non più di apparenza.


Pensiero del giorno: Dalla sofferenza alla Saggezza | Il portale della Fratellanza

mercoledì 15 febbraio 2017

lunedì 19 settembre 2016

Il Gatto del Dalai Lama | Meditare.info

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Leggi l’inizio del libro di David Michie “Il gatto del Dalai Lama”
La prima volta che mi è venuta in testa l’idea di questo libro era un’assolata mattina himalayana. Me ne stavo sdraiata al mio solito posto sul davanzale della finestra del primo piano – un punto di osservazione perfetto, che mi garantiva il massimo del controllo con il minimo dello sforzo – intanto che Sua Santità dava udienza privata a un discepolo.


Sono troppo discreta per farvi il nome della persona in questione, perciò mi limiterò a dire che è una famosissima attrice hollywoodiana. Sapete, quella bionda naturale che si dà un gran daffare con le opere di beneficenza a sostegno dell’infanzia ed è nota a molti per la sua passione per gli asini? Si, proprio lei!
E’ stato mentre si voltava per abbandonare la stanza, con un ultimo sguardo alla finestra e alla splendida vista delle montagne con le loro cime innevate, che si è accorta di me per la prima volta.
«Oh, che tenero!» Si è avvicinata per farmi una carezza sul collo, che ho accolto con un ampio sbadiglio, stiracchiando le zampe anteriori in segno di riconoscenza. «Non sapevo che avesse un gatto!», ha esclamato.
Mi stupisco sempre di quante persone facciano la stessa osservazione, anche se non tutti dimostrano la propria sorpresa sfacciatamente come gli americani. Perché mai Sua Santità non dovrebbe avere un gatto? Sempre che l’espressione avere un gatto sia adatta a descrivere la nostra relazione.
Oltretutto, chiunque sia dotato di una buona capacità di osservazione saprebbe riconoscere la presenza felina nella vita di Sua Santità, se non altro per i peli vaganti e qualche baffo occasionale che è mia cura lasciare sulla sua persona. Se aveste il privilegio di avvicinarvi così tanto al Dalai Lama da riuscire a osservare con attenzione i suoi abiti, quasi sicuramente scoprireste qualche bel ciuffetto di peli bianchi, a conferma del fatto che, ben lungi dal vivere da solo, egli condivide il suo spazio privato con una gatta dal lignaggio impeccabile, anche se non documentato.
È stato proprio per via di questa scoperta che il corgi della regina Elisabetta ha reagito in modo tanto intemperante, durante la visita di Sua Santità a Buckingham Palace. Evento che, stranamente, è passato inosservato ai media di tutto il mondo.
Ma sto divagando.
Dopo avermi accarezzata sul collo, l’attrice americana ha chiesto: «Ha un nome?»
«Oh, sì, ne ha molti» ha riposto Sua Santità con un sorriso enigmatico.
E’ vero. Come accade a molti gatti domestici, mi sono guadagnata diversi nomi, alcuni più usati, altri meno. Ce n’è uno in particolare che non mi va per niente a genio. Conosciuto dai membri dello staff di Sua Santità come il mio nome di ordinazione, è un nome che il Dalai Lama non ha mai usato, almeno non nella sua versione completa. Ed è un nome che non ho intenzione di rivelare finché campo. O, insomma, non in questo libro. Be’, sicuramente non in questo capitolo.
«Se solo potesse parlare!» ha continuato l’attrice. «Di certo ha una grande saggezza da condividere».
E’ così è stato piantato il seme.
Nei mesi successivi ho guardato Sua Santità lavorare a un nuovo libro: le ore trascorse a sincerarsi dell’interpretazione corretta dei testi; il tempo e la cura spesi per accertarsi che ogni parola scritta fosse il più possibile carica di significato e di utilità. E sempre più ho cominciato a pensare che fosse arrivato anche per me il momento di scrivere un libro tutto mio, che contenesse tutta la saggezza che ho avuto modo di apprendere sedendo non semplicemente ai piedi, ma ancora più vicino, in grembo al Dalai Lama. Un libro che raccontasse la mia storia. La storia di come sono passata dalle stalle alle stelle, o meglio, dal cassonetto al tempio. Di come sono stata salvata da un destino troppo orribile anche solo da immaginare, per diventare la compagna di vita di un uomo che non è semplicemente uno dei maggiori leader spirituali del mondo nonché premio Nobel per la Pace, ma anche un mago nell’aprire le scatolette.
A pomeriggio inoltrato, quando mi accorgo che ormai sono troppe le ore che Sua Santità ha trascorso alla scrivania, spesso salto giù dal davanzale, trotterello fino al posto in cui sta lavorando e struscio il mio corpo impellicciato contro le sue gambe. E se questo non basta ad attirare la sua attenzione, affondo i denti, educatamente ma con precisione, nella tenera carne delle sue caviglie. Funziona sempre. Il Dalai Lama allontana con un sospiro la sedia, mi solleva tra le sue braccia e si avvia alla finestra. E quando guarda nei miei grandi occhi blu posso leggere nei suoi un amore così immenso che non riesco a smettere di sentirmi piena di gioia.
A volte mi chiama “la mia piccola bodhigatta”, un gioco di parole con il termine sanscrito bodhisattva, che i buddhisti riferiscono agli esseri illuminati.
Insieme guardiamo fuori lo splendido paesaggio che si snoda lungo la valle del Kangra.
Una brezza leggera trasporta attraverso la finestra aperta il profumo dei pini, delle querce himalayane e dei rododendri, e dona all’aria un’aura di purezza, quasi di magia. Nel caldo abbraccio del Dalai Lama tutte le distinzioni scompaiono: tra osservatore e oggetto dell’osservazione, tra gatta e lama, tra l’immobilità del crepuscolo e le mie fusa profonde.
E sono questi i momenti nei quali mi sento profondamente grata di essere la gatta del Dalai Lama.


mercoledì 7 settembre 2016

Prima che il sole tramonti… (Omraam Mikhaël Aïvanhov)



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“La voce umana è lo strumento più potente.”
(Paramhansa Yogananda)


“Si racconta che un uomo andò, un giorno, da Maometto e gli disse: «Sono molto infelice, ho accusato ingiustamente un amico, l’ho calunniato, ed ora non so come riparare.» Maometto lo ascoltò attentamente e poi rispose: «Ecco quello che devi fare: va a mettere una piuma davanti alla porta di ogni casa della città e domani ritorna da me.»

L’uomo se ne va e fa quello che Maometto gli ha detto: mette una piuma davanti a ogni casa della città e l’indomani ritorna. «Bene - dice Maometto - ora va a riprendere tutte le piume e portale qui.» Dopo qualche ora l’uomo ritorna tutto triste; non aveva ritrovato una sola piuma. Allora Maometto disse: «È lo stesso per le parole: una volta pronunciate, non è più possibile ritirarle, ormai hanno preso il volo.» E l’uomo se ne andò molto triste.

Ora voglio commentare questo aneddoto. Supponiamo che qualcuno venga a chiedermi come riparare ad accuse, maldicenze e insulti. Io gli risponderei la stessa storia, ma aggiungerei qualcosa di molto importante. Gli direi: «Bisogna che tu parli di nuovo di quella persona, ma dicendo il contrario; parlerai cioè delle sue qualità, delle sue virtù e delle sue buone intenzioni. Poiché c’è sempre qualcosa di buono in ogni creatura, cerca di scoprirlo e lo troverai.»

«Ma in questo modo riparerò il male che ho fatto?» Gli risponderei: «No, questo non è possibile, perché le parole pronunciate hanno già provocato guai nelle regioni invisibili, ed anche in quelle visibili, ma creerai qualcosa di diverso, che rimedierà in parte alle tue parole precedenti. E quando verrà il momento in cui il karma ti obbligherà a pagare per le tue cattive parole, poco dopo verranno anche le conseguenze delle parole buone che hai pronunciato, e avrai delle consolazioni.»

Che cos’è una parola? È un razzo che attraversa dei mondi nei quali scatena forze, coinvolge entità e provoca conseguenze irreparabili. Sì, le conseguenze sono immediatamente irreparabili. Certo, se si potesse rimediare subito alle cattive parole, non vi sarebbero conseguenze dannose, ma più tempo passa, più queste parole producono danni.

«Sì, ma ho rimediato, perché subito dopo ho detto tutto il contrario!» Io gli direi: «Infatti, per le tue buone parole sarai ricompensato, ma per le tue cattive dovrai pagare cioè sarai punito.» Ecco quello che non sapete. Credete che si possa riparare ogni cosa? No, non è così, perché il bene ed il male che si fanno, vanno in due regioni diverse, in due strati diversi.

Queste regioni si sovrappongono e non si possono riprendere le parole dette, perché si trovano già in altre regioni terrestri o sovra-terrestri. Il tempo è quindi un fattore di primaria importanza. Supponete di aver dato l’ordine di tagliare la testa a qualcuno e che coloro che devono eseguire il vostro ordine siano già partiti…

Cosa potete riparare, una volta che la testa è stata tagliata? Potete rincollarla? Quando un ordine è stato dato, che si può fare? Dare un contrordine, cioè inviare altri messaggeri che impediscano l’esecuzione. Ma se è trascorso troppo tempo, non c’è più niente da fare. Ecco perché è stato detto: «Prima che il sole tramonti, va a riconciliarti con tuo fratello.»

Questo significa che si deve riparare immediatamente al male che si è fatto agli altri. ma il sole che tramonta simboleggia anche la fine della vita: la morte. Quindi non bisogna aspettare di essere dall’altra parte per pensare a riparare i crimini o i guai provocati, poiché la giustizia cioè il karma entra in azione e bisogna pagare fino all’ultimo centesimo.

Tuttavia dovete sapere che esiste una forza ancora più efficace e rapida della parola: il pensiero. Se vi mettete immediatamente al lavoro col pensiero, potrete riafferrare le vostre parole. Certo, questo è difficile, perché il pensiero e la parola appartengono a due regioni diverse. La parola appartiene al piano fisico, è una vibrazione, uno spostamento d’aria; mentre il pensiero appartiene già al piano più sottile, superiore al piano eterico. Se volete rimediare alle conseguenze delle vostre parole, potrete concentrarvi e chiedere a certi servitori del mondo invisibile di impedire che il male si produca.

In questo modo, non potrete naturalmente annullare del tutto l’effetto delle vostre parole, ma eviterete peggiori conseguenze. Dovete però essere molto rapidi ed il vostro pensiero deve essere molto intenso. Altrimenti l’ordine di esecuzione sarà dato e la vittima sarà decapitata -simbolicamente parlando- e un giorno sarete costretti a pagare per tutto il male che avete fatto.”


(Omraam Mikhaël Aïvanhov)

giovedì 7 gennaio 2016

Se semini, raccoglierai...





Se semini lavoro, raccoglierai benessere. 

Se semini sorrisi, raccoglierai gioia.

Se semini gentilezza, raccoglierai amore.

Se semini curiosità, raccoglierai conoscenza.

Se semini comprensione, raccoglierai saggezza.

Se semini ideali, raccoglierai valori.

Se semini armonia, raccoglierai bellezza.

Se semini volontà, raccoglierai potere.

Se semini, raccoglierai... 


 .:. Resalvato  


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sabato 19 dicembre 2015

GAYATRI MANTRA






GAYATRI MANTRA

Q
uesto mantra è stato trovato dal Rishi Vishwamitra nei Veda (1500-800 a.c. - Rg Veda III 62.10). Gayatri è la Madre dei sacri testi vedici di cui è considerata l’essenza. L’inno indirizzato all’energia del Sole (che simboleggia la Luce della Verità), alla Divinità Immanente e Trascendente, è considerato il più importante di tutti i mantra. Può essere cantano in qualsiasi momento e in ogni posto, ma l’alba e il tramonto sono i momenti migliori. Per avere efficacia deve essere ripetuto almeno tre volte; alcuni lo ripetono 108 o anche 1008 volte.
Il termine "Gayatri" proviene da “GAYAntam TRIyate iti”, che significa: "Ciò che preserva colui che lo recita". GAYA vuol dire Essere e insegna la Verità, il principio della vita. Gayatri ha 3 nomi: Gayatri, Savitri e Saraswathi. Gayatri è la madre dei sensi, Savitri è la madre del prana e significa Verità, Saraswathi presiede la Parola divina. Tutte e tre rappresentano la purezza del Pensiero, della Parola e del-l’Azione. E’ stato dato come Terzo Occhio (Ajna Chakra) per rivelare la visione interiore. Sviluppando questa visione si può realizzare il Brahman.
La Gayatri è lode, meditazione, preghiera (per la liberazione). Sotto lo stesso nome della Gayatri ci sono devozione, conoscenza e distacco.
In ogni cuore esiste lo stampo della Gayatri, che ha cinque facce: bhûr-bhuvah-svah, sono le tre dimensioni che stanno unite insieme per formare un solo volto; è la lode, l’adorazione. Tat è la seconda faccia; savitur-varenyam è la terza; bhargo-devasya-dhîmahi è la quarta (riguardano la meditazione); dhiyo-yo-nah-prachodayât è la quinta (la preghiera).
La Gayatri può essere tradotta in vari modi, perché molteplici sono i suoi significati spirituali. Ecco due versioni: la più sintetica e la più lunga. 

Meditiamo sul Fulgore Supremo dei tre universi.
Possa Esso illuminare la nostra coscienza. 


Supremo Divino, Tu sei il Creatore di quest’universo, della terra, dello spazio e del cielo.
Noi adoriamo Saviturh, quel raggiante splendore, la Tua pura forma,
 l'Origine di tutta la  creazione.
Noi meditiamo sulla Tua Divina radiosità. Noi Ti contempliamo.
Ispira i nostri pensieri, guida il nostro spirito, apri il nostro occhio interno,
 l'occhio della Saggezza.


Svelaci il volto del vero Sole Spirituale,
nascosto da un disco di luce dorata, 
affinche' possiamo conoscere la verita' 
e fare tutto il nostro dovere, 
mentre ci incamminiamo verso i tuoi Sacri Piedi”. 
A. A. Bailey, Raggi e Iniziazioni, pag. 395




Traduzione letterale
Om
Para Brahman, Suono primordiale


Bhur
Terra
Materia
Corpo, piano fisico
Bhuvah
Cielo
Vita
Vibrazione
Svah
Cosmo, Universo
Coscienza
Irradiazione, Saggezza
Tat
Paramatma, Dio o Brahman
Savitur
Quella Sorgente dalla Quale tutto è nato.

Varenyam
Degna di essere venerata


Bhargo
Radianza


Devasya
Realtà Divina


Dhimahi
Meditiamo


Dhiyo
Buddhi, Intelletto, Piano intuitivo


Yo
Il Quale, La Quale


Nah
Nostro


Prachodayat
Intelletto



giovedì 10 dicembre 2015

Il Vero Cambiamento - racconto Zen | Meditare.net

Testi e immagini per la meditazione - yoga - meditation - zen

Ryokan votò la propria vita allo studio dello Zen. Un giorno venne a sapere che suo nipote, nonostante i rimproveri dei parenti, sperperava il proprio denaro per una cortigiana. Poiché questo nipote amministrava i beni della famiglia al posto di Ryokan, e c’era pericolo che dilapidasse la loro fortuna, i parenti chiesero a Ryokan di intervenire. 
Ryokan dové intraprendere un lungo viaggio per visitare il nipote, che non vedeva da anni. Il nipote parve contento di rivedere lo zio e lo invitò a passare la notte in casa sua. Ryokan rimase in meditazione tutta la notte. La mattina dopo, mentre stava per partire, disse al giovane: «Evidentemente sto invecchiando, perché mi trema la mano. Vuoi aiutarmi a legare il laccio del mio sandalo?».
Il nipote lo aiutò volentieri. «Grazie,» disse Ryokan «vedi, un uomo diventa più vecchio e più debole di giorno in giorno. Abbi cura di te». Poi se ne andò, senza nemmeno far cenno alla cortigiana o alle lamentele dei parenti. Ma da quella mattina il nipote smise di far vita dissoluta.
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mercoledì 25 novembre 2015

Essere d'aiuto agli altri...

http://ilquotidianoinclasse.ilsole24ore.com/

“[...]essere d’aiuto agli altri, [...] ma con la coscienza che l’unica modalità realmente utile è quella di lavorare continuamente su di sé per poter essere d’esempio agli altri, e provare a trasmettere quella piccola sapienza esistenziale che si va maturando, vivendo consapevolmente.”

Monica Morganti

tratto da: “Il cerchio magico nella stanza dell’analista”, ed. IPOC 
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lunedì 5 ottobre 2015

Sei un’anima antica?

Quanti anni ha la tua anima? Sei un’anima giovane o antica?
Anime anticheC’è uno speciale tipo di persona nel nostro mondo, che trova se stesso solo ed isolato fin dall’infanzia. La sua esistenza di isolamento non è dovuta al temperamento antisociale – egli è semplicemente un’anima vecchia. Vecchia nel cuore, vecchia nella mente e nell’anima, questa persona trova la sua visione della vita in modo più maturo rispetto agli altri che le stanno intorno.
Come risultato vive la sua vita interiore camminando nella propria solitudine, mentre il resto della gente intorno a lei segue altre direzioni. Forse tu stai sperimentando qualcosa del genere nella tua vita o hai visto questo profilo in un’altra persona che conosci? Se è così questo articolo è dedicato a te… con la speranza che tu possa definire e capire ancora meglio te stesso.

Anime antiche

Robert Frost, Eakhart Tolle e Nick Jonas sono stati definiti così. Ma forse questo aggettivo si addice bene anche a voi. Ecco alcuni segni rivelatori dell’anzianità di un’anima:
Tendono ad essere solitarie. Poiché le vecchie anime piuttosto indifferenti agli interessi e alle attività delle persone comuni, trovano insoddisfacente fare amicizia con esse e hanno difficoltà a relazionarsi. Questo è uno dei maggiori problemi nell’esperienza delle anime antiche. Il risultato è che esse tendono a ritrovarsi spesso da sole. Le persone non fanno per loro.
Amano la conoscenza, la saggezza, la verità. Si… questo sembra un po’ troppo grandioso e nobile, ma la vecchia anima ritrova se stessa in modo naturale, gravitando verso il lato intellettuale della vita. Le vecchie anime capiscono che la conoscenza è potere, la saggezza è felicità e la verità è libertà, quindi perché non ricercare queste cose? Tutto questo è di certo molto più significativo per loro che leggere gossip sull’ultimo fidanzato di Belen o gli ultimi risultati di calcio.
Sono inclini alla spiritualità. Molto più emotive della media, le vecchie anime tendono ad avere una natura sensibile e spirituale. Superano i confini dell’ego, cercando l’illuminazione e promuovendo la pace e l’amore. Tutto ciò sembra loro il modo più saggio ed appagante per impiegare il proprio tempo.
Capiscono la caducità della vita. Le vecchie anime sono spesso afflitte dai ricordi e dalla consapevolezza non solo della propria mortalità, ma anche delle persone intorno a loro e di tutto ciò che li circonda. Questo le rende diffidenti e a volte ritirate, anche se permette loro di vivere saggiamente la propria vita.
Sono riflessive e introspettive. Le vecchie anime tendono a pensare molto… a tutto. La loro abilità nel riflettere ed imparare dalle proprie azioni ed esperienze e da quelle degli altri, è la loro più grande maestra nella vita. Una ragione per cui le anime antiche si sentono così vecchie nel cuore, è perché hanno imparato tante lezioni. Comprendono molto bene le situazioni della vita, grazie alla loro capacità di osservare con calma e attenzione cosa accade attorno a loro.
Vedono il mondo più dall’alto. Raramente le vecchie anime si perdono in dettagli superficiali come ottenere lauree inutili, promozioni di lavoro, o acquistare oggetti materiali superflui. Esse hanno la tendenza a guardare la vita con “occhi da uccelli”, cercando quello che è il modo più saggio e significativo per affrontare la vita. Quando sono di fronte a problemi, tendono a vederli come dolori temporanei e passeggeri che servono solo ad aumentare la quantità di gioia che sentiranno in futuro. Di conseguenza, grazie a questo loro approccio alla vita, sono stabili e di natura placida.
Non sono materialiste. Le anime antiche non sono interessate a ricchezza, status, fama o all’ultima versione di iphone… Le vecchie anime non vedono come fine perseguire le cose che possono essere facilmente acquisite. Inoltre hanno poco tempo per interessarsi alle cose effimere della vita, in quanto sono prese da questioni più elevate.
Spesso sono stati ragazzini socialmente disadattati o perlomeno “strani”. Non è sempre il caso, ma molte vecchie anime esibiscono segni di particolare maturità in giovane età. Spesso, questi bambini vengono etichettati come “precoci”, “introversi” o “ribelli”, non riuscendo a rientrare nei comportamenti usuali o conformi. Solitamente sono anche estremamente curiosi ed intelligenti e vedono l’inutilità in molte cose che i loro insegnanti, genitori e coetanei dicono e fanno, e passivamente o aggressivamente gli resistono. Se potete parlare con un vostro bambino come fosse un adulto, probabilmente vuol dire che egli è un’anima antica.
Semplicemente si sentono anime vecchie. Prima di dare un nome a questo, io ho sentito, ho vissuto le sensazioni di essere semplicemente una persona anziana dentro. I sentimenti che accompagnano una vecchia anima sono di solito di diffidenza verso il mondo, stanchezza mentale, pazienza e calma distaccata. Purtroppo, questo spesso può essere percepito come un atteggiamento distante e freddo, ma è solo uno dei vecchi miti dell’anima. Come alcune persone anziane si descrivono “giovani dentro”, anche molti giovani nel corpo (ma anime antiche) possono sentirsi “vecchi nel cuore”.

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