Stimoli per lo Sviluppo della Coscienza Umana. Cultura: Arte, Scienza, Religione. Corpo, Mente, Anima, Spirito. Inconscio, Supercosciente, Transpersonale. Psicosintesi, Psicoenergetica, PsicoQuantistica. Etica. Blog BioPsicoSpirituale di Salvatore Caruso Motta. .:. Agenzia WolFox .
giovedì 29 settembre 2016
L'Ego dice ...
venerdì 15 luglio 2016
PUBBLICARE I SUTRA (Racconto Zen)
giovedì 10 dicembre 2015
Il Vero Cambiamento - racconto Zen | Meditare.net
– 101 Storie Zen – Nyogen Senzaki A cura di Nyogen Senzaki, Paul Reps
– 101 storie zen – Amazon
– Fonte
- Immagine: http://www.meditare.net/wp/?attachment_id=21563
sabato 7 novembre 2015
Koan famosi
“I koan – espedienti che favoriscono la meditazione – sono problemi oscuri ed assurdi, inventati e costruiti con cura, appositamente per indurre il discepolo Zen, a rendersi conto, nel modo più drammatico, dei limiti della logica e del ragionamento”. Vediamo alcuni esempi, di Koan famosi:
“Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi”.
“Posso offrirti una tazza di tè?” gli domandò il maestro. Ed incominciò a versare il tè da una teiera. Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò.
“Ma cosa fai?” sbottò il filosofo. “Non vedi che la tazza è piena?”
“Come questa tazza” disse il maestro “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture, perché le si possa versare dentro qualcos’altro. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.
Nella ricerca della verità, la nostra mente, si ostina incessantemente, a cercare una porta da attraversare, ma, non si rende conto, che, in realtà, la porta non esiste affatto.
L’unica barriera esistente, è la nostra mente, che si frappone fra noi, e la verità. Fino a quando, non rimuoveremo la mente, da questa ricerca, non arriveremo mai, all’illuminazione.
sabato 6 giugno 2015
Una contesa di dharma: "Cos'è questo?"
Una contesa di dharma – Mark Epstein
Alcuni amici avevano organizzato l’incontro di due eminenti maestri buddhisti a casa di un professore di psicologia della Harvard University. Essi rappresentavano due diverse tradizioni buddiste, e non si conoscevano: di fatto, le loro scuole avevano avuto ben pochi contatti negli ultimi duemila anni. Prima che il Buddismo e la psicologia occidentale potessero incontrarsi avrebbero dovuto farlo le diverse correnti del Buddismo. E noi saremmo stati testimoni di questo primo dialogo.
I maestri, il settantenne tibetano Kalu Rinpoche che aveva passato anni in ritiro solitario, e Seung Sahn, primo insegnante di Zen coreano negli Stati Uniti, dovevano cimentarsi nella reciproca comprensione degli insegnamenti del Buddha, a beneficio degli studiosi occidentali presenti. Avrebbe dovuto essere una forma elevata della cosiddetta ‘contesa di dharma’ (lo scontro di grandi menti rese ancor più penetranti da anni di studio e meditazione), e noi eravamo lì, con tutta l’aspettativa che meritano eventi storici di questa portata.
I due monaci entrarono con i loro abiti svolazzanti, marrone e giallo il tibetano, di un austero grigio e nero il coreano, seguiti da uno stuolo di giovani monaci e traduttori con il capo rasato. Presero posto su alcuni cuscini nella consueta posizione a gambe incrociate, e l’ospite fece segno che, essendo il maestro zen più giovane, stava a lui incominciare. Il lama tibetano sedeva immobile facendo scorrere fra le dita un rosario di legno (mala), e ripetendo fra sé e sé un mantra: “Om mani padme hum”.
Il maestro zen, che già si era fatto una fama per il suo metodo di subissare di domande i suoi studenti finché questi erano costretti a confessare la propria ignoranza, e di gridargli poi: “Conservate questa mente-che-non-sa!”, si frugò dentro l’abito e ne estrasse un’arancia.
“Cos’è questo?”, chiese al lama.
“Cos’è questo?” era una tipica domanda per avviare il discorso, e noi lo sentivamo pronto ad avventarsi su qualsiasi risposta avesse ricevuto.
Il tibetano sedeva in silenzio snocciolando il suo rosario fra le dita senza dar segno di voler rispondere.
“Cos’è questo?”, insisté il maestro zen mettendo l’arancia sotto il naso del tibetano.
Kalu Rinpoche si chinò lentamente verso il monaco tibetano che gli sedeva accanto e gli faceva da interprete, e insieme parlarono per alcuni minuti.
Alla fine il traduttore si rivolse all’uditorio e disse :
”Rinpoche dice: ‘Ma cosa gli prende? Non hanno arance nel loro paese?”.
Il dialogo si interruppe qui.
Mark Epstein
FONTE: http://www.meditare.net/wp/buddhismo/una-contesa-di-dharma-mark-epstein/
lunedì 19 novembre 2012
NON CERCATE LA VIA DELLO ZEN
martedì 8 maggio 2012
Sette Frasi da Ricordare Quando la Vita diventa Complicata
Proverbio Zen
domenica 15 aprile 2012
Non esiste niente - Racconto zen
Quando era un giovane studente di Zen, Yamaoka Tesshu andava sempre a trovare tutti i maestri. Andò a far visita a Dokuon di Shokoku.
Volendo mostrare la sua preparazione, disse:
"La mente, Buddha e gli esseri senzienti, in fondo, non esistono. La vera natura dei fenomeni è il vuoto. Non c'è nessuna realizzazione, nessuna illusione, nessun saggio, nessuna mediocrità. Non c'è nessuno che dia e niente che si riceva".
Dokuon, che stava fumando in silenzio, non fece commenti. Tutt'a un tratto colpì Yamaoka con la sua pipa di bambù. Questo fece arrabbiare moltissimo il giovane.
"Se niente esiste," domandò Dokuon "da dove viene questa tua collera?"
Veritas: Non esiste niente - racconto zen
Fonte:http://www.meditare.net/racconti/non-esiste-niente-racconto-zen
mercoledì 8 febbraio 2012
CREARE DAL NULLA
Il monaco, addolorato, si scusava, ma Rikyu disse: ” Entra nella stanza del tè”.
Davanti a quella nicchia destinata a quelle piante, Rikyu appoggiò un vaso di ikebana vuoto.
Vi immerse gli steli dei fiori e in terra, sul tatami, dispose armonicamente i petali.
Tutto era bello, naturale, semplice.
Disse allora al giovane monaco:
“Quando mi hai portato questi fiori, erano Shiki. il fenomeno è fenomeno.
Cadendo, sono divenuti Ku, non c’erano più fiori. Il fenomeno è Nulla.
Secondo il senso comune, avrebbero potuto restare quali erano.
Il Nulla è “Nulla”. Ma ora abbelliscono la stanza. Ku Soku Ze Shik, Ku, Nulla è il fenomeno”.
Questo aneddoto riflette lo spirito insito nella cerimonia del tè.
Significa che lo Zen ci aiuta a comprendere che anche con ciò che sembra insignificante, l’esistenza può divenire stupenda.

martedì 13 dicembre 2011
Peccato e salvezza nel buddismo e nel cristianesimo
Il peccato, buddista o cristiano, non è solo un sinonimo del male. Il suo significato specifico è un’azione che viola una legge sacra o minaccia le fondamenta stesse della nostra umanità. Nel cristianesimo è Dio che stabilisce l’ordine morale del mondo; quindi, chi viola questo ordine viola la volontà divina. È un atto di slealtà, se non di tradimento, verso il proprio creatore. Nel buddismo non esiste un simile creatore, ma è presente un ordine morale predeterminato associato al karma.
Mentre la teologia cristiana ha scrupolosamente classificato i peccati secondo una dettagliata gerarchia, l’approccio buddista è stato molto più limitato.
Nel buddismo esistono cinque azioni principali che possono veramente definirsi peccati mortali o efferati. Esse sono: uccidere il proprio padre, uccidere la propria madre, versare il sangue di un Buddha, distruggere l’armonia di un ordine monastico (il sangha), uccidere un santo buddista (arhat) e/o distruggere statue e sculture buddiste. Nel buddismo mahayana, uccidere un insegnante del dharma e un maestro dei precetti sono considerati peccati cardinali tanto quanto gli altri cinque. Nel buddismo tradizionale, si dice che commettere uno di questi cinque o sette peccati condanni una persona all’ultimo e peggiore dei regni infernali.
Possiamo aggiungere a questi peccati cardinali la violazione di uno qualsiasi dei cinque precetti generali, ovvero: non fare del male agli esseri senzienti, non rubare, non mentire, non indulgere in atti sessuali impropri o nell’uso di sostanze intossicanti. Con questi, il buddismo annovera fino a dieci o dodici peccati.
Uno dei fattori che può distinguere la concezione del peccato buddista da quella cristiana è l’insegnamento cristiano secondo cui l’umanità è nata nel peccato (originale), mentre il buddismo insegna che siamo nati nella sofferenza. Ma anche il karma agisce come una sorta di peccato originale, in quanto si dice che ciascun individuo nasca con un certo karma a causa dei suoi peccati passati.
Tuttavia, mentre il cristianesimo insegna che gli esseri umani sono troppo degenerati per salvarsi dal peccato senza l’aiuto di Dio, la maggior parte delle scuole buddiste sostiene che lo possiamo fare da soli.
Di certo, uno degli aspetti prioritari che distingue il peccato buddista da quello cristiano è il fatto che nessun Dio chiede ai buddisti di intraprendere crociate morali per salvare gli altri dai loro peccati, come invece avviene per i cristiani. Ciò vuol dire che nel mondo poche persone sono state danneggiate dalla concezione buddista del peccato, a differenza di quanto avvenuto con quella cristiana.
Per comprendere invece l’approccio zen al peccato, bisognerebbe notare che esistono, in genere, tre diversi atteggiamenti religiosi verso il peccato e la salvezza.
1. Il primo afferma che io vengo salvato nonostante continui a commettere peccati: è il punto di vista del cristianesimo “disimpegnato” e del buddismo della “terra pura” (Jodo Shin Shu).
2. Il secondo sostiene che vengo salvato e non commetterò più peccati: è l’approccio del cristianesimo “rigido”.
3. Il terzo dice che vengo salvato perché, in primo luogo, i peccati non esistono. Questo è l’approccio dello zen illuminato.
Ciascuno di questi punti di vista presenta problemi di natura filosofica, metafisica e anche morale. Il primo e l’ultimo, in particolare, comportano rischi morali più grandi del secondo. Troppo spesso è possibile usarli per giustificare comportamenti molto egoisti. La debolezza umana, in sé, non è un peccato; sfruttarla deliberatamente, in se stessi o negli altri, è un peccato.
Molti occidentali vengono attratti dallo zen perché quest’ultimo crede che siamo intrinsecamente buoni; quindi, nello zen non esistono prediche sul peccato. Ma lo zen cerca di chiarire che, finché non si è raggiunta la piena illuminazione (satori) e non si è abbastanza maturi per affrontare il concetto dell’inesistenza del peccato, è moralmente più sicuro assumere che, in primo luogo, il peccato è reale.
Rev. Vajra è un insegnante di Zen Dharma all’International Buddhist Meditation Center, www.ibmc.info, per gentile concessione.
Traduzione di Gagan Daniele Pietrini.
Copyright per l’edizione italiana Innernet.
domenica 28 agosto 2011
Futurama § Io vivo il tempo

Il tempo non deve scandire la nostra vita,
sono le azioni consapevoli vissute con la massima intensità
che determinano il nostro tempo.
venerdì 29 luglio 2011
venerdì 3 giugno 2011
Sintesi degli Opposti § Trascendi anche l'Illuminazione

Se il supremo Dharma è libero, perché abbiamo bisogno di sforzi per conseguirlo?
Dal momento che tutta la verità non ha nulla a che vedere con la polvere del mondo, perché crediamo nei mezzi per spazzarla via?
La Via non è separata dal qui ed ora; allora, a che serve quindi cercare appigli nella pratica?
Quando “per” e “contro” sono distinti, seppure inconsciamente, siamo condannati a perdere la mente-di-Buddha.
Dovrebbe essere perfettamente chiaro che il ripetersi di infinite rinascite è dovuto alla nostra deliberazione egoistica.
Se desiderate andare al di là anche della vetta del progresso spirituale, dovreste comprendere chiaramente il qui-ed-ora così com’è.
Anche se vi vantate della vostra comprensione del Dharma e siete riccamente dotati di illuminazione, anche se realizzate la Via ed illuminate la vostra mente, e quand’anche foste sul punto di entrare nel regno dell’illuminazione con uno spirito vibrante, vi manca sempre la totale libertà nella quale l’illuminazione stessa è trascesa.
Dogen Zenji - Patriarca / Riformatore dello Zen Soto Giapponese
giovedì 19 maggio 2011
Coscienza di Sé e illuminazione spirituale
domenica 15 maggio 2011
Paradossi e Sofismi § Tao Zen
MEDITAZIONE TAOISTAFonte: http://www.fiorigialli.it/
![]()
Chiudi gli occhi
e vedrai con chiarezza.
Smetti di ascoltare
e sentirai la verità.
Resta in silenzio
e il tuo cuore potrà cantare.
Non cercare il contatto
e troverai l'unione.
Sii quieto
e ti muoverai sull'onda dello spirito.
Sii delicato
e non avrai bisogno di forza.
Sii paziente
e compirai ogni cosa.
Sii umile
e manterrai la tua integrità.
Forse questo, che tu cerchi troppo?
Che tu non pervieni al trovare per il troppo cercare"?
"Come dunque"? chiese Govinda.
Rispose Siddharta:
"Quando qualcuno cerca, allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo.
Cercare significa: avere uno scopo.
Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo".
da Siddharta di H. Hesse
.:.Ciò a cui opponi resistenza persiste.
Ciò che accetti può essere cambiato.
Carl G. Jung
.:.
- http://logopsicosofia.blogspot.com/2011/04/paradossi-sofismi-link.html
- http://www.vivizen.com/2011/04/35-domande-che-ti-apriranno-la-mente.html
lunedì 2 maggio 2011
Paradossi e Sofismi (dal Web-01)
Giochi di parole per liberare la mente...mente...
- ...
- Se capisci, le cose sono così come sono. Se non capisci, le cose sono così come sono. [Fonte]
- Io non essendo io sono io. [Fonte]
- Un miliardario vanitoso da del miliardario vanitoso ad un altro miliardario vanitoso. [Fonte]
- Quando l'uomo comune capisce diventa saggio, quando il saggio capisce diventa uomo comune. (detto Zen). [Fonte]
- Nel mondo della relatività, cerchiamo ancora sicurezza in un assoluto illusorio [...] dovremo concentrarci sull'assolutismo della relatività per coglier poi l'unica strada certa. [Fonte]
- [...] noi non siamo il pensatore di alcun pensiero, né lo sperimentatore di alcuna esperienza, né il vedente di qualcosa. [Fonte]
- Le Dieci Icone del Bue Bianco. Le dieci icone mostrano che il cammino è un continuo apprendistato e che non va visto in maniera lineare. Non comincia con la prima per finire con la decima. Non si deve pensare, ad esempio, che per la prima fase siano necessari molti anni, per la seconda cinque e così via. Dobbiamo piuttosto immaginare un cerchio dove sono tutte inscritte, dove in ogni momento potremmo trovarci in qualsiasi fase. Possiamo andare avanti e tornare indietro, ma avendo un po’ più di comprensione. Durante un ritiro ci si può ritrovare a un livello qualsiasi tra quelli indicati nelle immagini: si può tornare a quello descritto nella prima o a quello difficile che si vede nella quarta. [Fonte]
- Essere felici per la morte di un bastardo o essere tristi per la felicità di altri bastardi? O non essere né tristi né felici né bastardi? [Fonte]
- ...
Per approfondimenti...menti:
- http://logopsicosofia.blogspot.com/2011/04/paradossi-sofismi-link.html
venerdì 26 novembre 2010
Pomodorozen...
Bellissima immagine che ho preso dal blog http://www.pomodorozen.com/blog/, che invito senz'altro a visitare per gli interessanti contenuti e per le bellissime immagini gratuite.
martedì 5 ottobre 2010
Montagne Russe Zen
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Chiedo a Francesca "Come stai?", mi risponde "Sulle Montagne Russe". La cosa finisce lì. Dopo ci ripenso. Spesso ci sentiamo così. Come fare per uscirne fuori? Allora ho visualizzato un Luna Park e delle grandi Montagne Russe. Noi, io ci stavo sopra. Ci si sente eccitati, vivi, sconvolti, urlanti… Per un po' è divertente, ma dopo scendi e provi piacere a rimettere i piedi sulla terra-ferma.
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Giardini Zen: Le stesse onde delle montagne russe, solo in orizzontale.
Stabile, fermo come una roccia in mezzo alle onde del divenire.
Utilizzare l' Esercizio di Disidentificazione
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Immagini:
1 - 286Gardaland
2 - Garda_col
3 - Giardino zen
4 - Giardini giapponesi 46
5 - giardi1
6 - 1d237dd5c1_2177738_med.jpg
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