venerdì 8 novembre 2013

La strada di ciascuno – La storia del pappagallo

 

Qualche settimana fa è morta una persona che mi era molto cara. Anziano, ormai in coma da mesi, si è spento ella pace, come aveva vissuto. Una volta, alla fine degli anni novanta mi trovai a chiedergli consiglio su una situazione complessa che stavo vivendo. Mi ascoltò a lungo e mi raccontò una sua esperienza molto simile. Mi aspettavo che mi dicesse: “Fai come ho fatto io”. Invece, con mia grande sorpresa concluse: “Questo è quello che Dio ha fatto capire a me. Ora tu devi scoprire la tua strada, che non è la mia”. Solo con il passare degli anni ho capito la grandezza di quell’uomo. Ieri sera mi è capitata fra le mani una storia del grande sufi, Jalal Ad-Din Rumî, e mi sono ricordato di lui e di quel consiglio così sapiente, davvero grande che ha rispettato la mia persona e l’amore personale di Dio per me.

“C’era un mercante che aveva un pappagallo; un bel pappagallo imprigionato in una gabbia. Il mercante si preparò per un viaggio: decise di andare in India. Generosamente disse ad ogni schiavo maschio e ad ogni serva: ‘Che cosa vuoi che ti porti? Orsù, dimmelo’. Ognuno gli chiese ciò che più desiderava: il brav’uomo si impegnò con tutti. Poi disse al pappagallo: ‘Che regalo ti piacerebbe che ti portassi dal paese dell’India?’. Il pappagallo rispose: ‘Quando laggiù vedrai i pappagalli, spiega loro la mia sventura e dì loro: ‘Il tal pappagallo, che ha nostalgia di voi, per desiderio del Cielo è nella mia prigione. Vi saluta, chiede giustizia, e desidera conoscere da voi un rimedio e un modo per essere ben guidato. E dice ancora: ‘È bene che, avendo nostalgia di voi, io renda lo spirito e muoia nella separazione? È giusto che mi trovi in una crudele prigionia, mentre voi siete sui teneri arbusti o sugli alberi? È questa la fedeltà degli amici? Io in questa prigione e voi nel roseto? […] Il mercante accettò quel messaggio e promise di portare il saluto del pappagallo ai suoi simili. 
Giunto ai limiti più estremi dell’India, scorse nella pianura un gruppo di pappagalli. Fermò il suo cammello, poi trasmise il saluto, adempiendo così al suo incarico. Ed ecco che uno dei pappagalli si mise a tremare violentemente, il suo respiro si fermò e cadde morto. Il mercante si rammaricò di aver dato quelle notizie, e disse: ‘Sono venuto a distruggere questa creatura. Certamente era un parente del mio pappagallino: erano stati probabilmente due corpi in un solo spirito. Perché ho fatto questo? Perché ho portato quel messaggio? Con una parola stupida ho distrutto questa povera creatura’ […] Il mercante concluse le sue faccende e tornò a casa col cuore lieto. Portò un dono ad ogni schiavo, fece un regalo ad ogni schiava.

"Dov’è il mio regalo? – chiese il pappagallo. – Raccontami ciò che hai detto e che cosa hai visto".
"No – egli rispose – veramente mi pento, torcendomi le mani e mordendomi le dita. Perché mai, per ignoranza e follia, ho portato un messaggio tanto stupido?’.
"Padrone – disse il pappagallo – di che cosa ti penti? Che cosa mai ti provoca collera o dolore?"
"Ho riferito i tuoi lamenti – rispose – ad un gruppo di pappagalli simili a te. Uno dei pappagalli capì il tuo dolore; gli spezzò il cuore, tremò e morì. Mi sono addolorato. Pensavo: ‘Perché ho detto ciò?’ Ma a che serve pentirsi dopo aver parlato?’ […]

Quando l’uccello udì ciò che quel pappagallo aveva fatto, tremò violentemente, cadde e rimase stecchito. Il mercante, vedendolo cadere così, diede un balzo e gettò in terra il suo berretto; si buttò per terra e si lacerò il vestito vedendolo in quello stato, in quella situazione. Gridava: ‘Oh bel pappagallo dalla voce soave! Che cosa ti è successo? Perché sei diventato così? Oh! Ahimè per il mio uccello dalla dolce voce! Oh! Ahimè per il mio amico intimo e mio confidente! Oh! Ahimè per il mio uccello melodioso, vino del mio spirito, mio giardino e mio dolce basilico! […]

Il mercante, logorato dal dolore, dall’angoscia e dalla nostalgia, pronunciava centinaia di frasi, a volte in polemica con se stesso, a volte giustificandosi, a volte supplicando, a volte appassionato di verità, a volte di irrealtà […] Dopo di ciò, lo buttò fuori dalla gabbia. Il pappagallino volò via fin su un alto ramo. Quel pappagallo morto prese il volo come quando il Sole balza in avanti da Oriente. Il mercante rimase stupefatto per ciò che l’uccello aveva fatto; senza capire, improvvisamente intuì i segreti dell’uccello. Alzò il volto e disse: ‘Oh, fammi la grazia di spiegare questo fatto. Che cosa ha fatto quel pappagallino, laggiù perché tu imparassi il modo di preparare questo cocente stratagemma per me?’

Il pappagallo disse: ‘Con la sua azione, mi ha consigliato: Rinuncia al fascino della tua voce e al tuo affetto, poiché è stata la tua voce che ti ha condotto alla schiavitù. Essa ha fatto finta di essere morta per darmi questo consiglio intendendo: ‘Tu che sei divenuto un cantore per il fior fiore della società e per la gente comune, per ottenere la libertà, muori come faccio io’. Così il pappagallo gli diede uno o due consigli pieni di saggezza, poi gli rivolse il saluto della separazione. Il mercante gli disse: ‘Va’, che Dio ti protegga! Adesso mi hai mostrato una nuova Via’, e disse a se stesso: ‘Questo consiglio è per me; seguirò la sua Via, poiché quella via è radiosa. La mia anima sarebbe forse inferiore a quella del pappagallo? Ogni anima deve seguire una Via così buona”. 
 


Jalal Ad-Din Rumî, (1207-1293) Mathnawi. Il poema del misticismo universale, Bompiani, Milano 2006, vol. 1, pp. 187-210

Postato da Roberto Catalano

Fonte: http://whydontwedialogue.blogspot.it/2013/11/la-strada-di-ciascuno-la-storia-del.html

 


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