Riportiamo questo articolo perché una volta tanto le religioni non si fanno guerra fra di loro ma cercano di creare insieme qualcosa di nuovo.
Per alcuni è solo l'inizio della fine della religione ma,
io credo, che potrebbe essere si la fine di un certo, vecchio modo di intendere la religione istituzionalizzata (non la spiritualità universale)
e può essere invece l'inizio di un nuovo modo di dialogare e creare insieme un nuovo futuro per tutti.
Bisogna superare le paure di sparire di alcuni religiosi tradizionalisti e ricordarsi che il Cristo non ebbe paura di sacrificarsi per tutti.
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[Fonte: La Stampa]
L’esperienza nata negli Stati Uniti si è affermata soprattutto attraverso l’apporto delle giovani generazioni
di Luca RolandiMaturato nel decennio successivo all'attacco terroristico dell'11 settembre e delle guerre in Medio Oriente, in Nord America il movimento dei "crislamici" pare avere un discreto successo. Tutto è partito da una presa d’atto scaturita dai dati allarmanti di un sondaggio che dice: solo il 30% degli americani ha una visione positiva dell'Islam.
Si parla sempre di accrescere il dialogo interreligioso, la sfida ecumenica tra le tante anime della cristianità, di costruire percorsi di pace e convivenza fra culture e civiltà...ma nessuno aveva pensato che, in nome di questa realtà, ci potesse essere un'effettiva "contaminazione reciproca". Negli Stati Uniti è in atto un tentativo molto particolare, da molti giudicato ingenuo e privo di fondamenti teologici da altri apprezzato per il coraggio del confronto come racconta il blog “Yalla Italia”, piattaforma di ritrovo per giovani che rappresentano le seconde generazioni.
L'inizio è stato dato dalla Memorial Drive Presbyterian Church che ha organizzato un seminario dal titolo "Gesù nel Corano", poi il pastore Rick Warren pronuncia una preghiera all'inaugurazione della presidenza di Barack Obama dove cita ʿĪsā ibn Maryam, il nome che per i musulmani indica Gesù, infine, lo slancio interreligioso si è consolidato con la nascita di “Faith Shared” (Fede condivisa) un movimento che mira a "fondere" cristianesimo ed islam ed aiuta ad organizzare funzioni religiose per così dire "ibride", gli "shared faith events".
Il movimento "Alleanza Interreligiosa" ha promosso lo scorso giugno un incontro cui hanno partecipato molte Chiese Protestanti con riunioni di culto tra cristiani, ebrei e musulmani durante le quale un pastore, un rabbino e un Imam hanno letto rispettivamente dei brani dai Vangeli, dalla Torah, e dal Corano. Ad Atlanta, in Georgia, nella Grace Fellowship Churchhanno avviato l’esperienza di "coniugare" le due fedi, in una terra dove è crescente la necessità di confronto dieci anni dopo l'11 settembre 2001.
I gruppi hanno iniziato a riflettere sul significato di "ama il tuo prossimo" chiedendosi se fosse possibile realizzare questa prospettiva evangelica mettendosi in rapporto con coloro che vivono una spiritualità molto diversa in una fede come l’Islam.
“Qualcuno ha pensato: perché agitarci tanto ad andare d'accordo, autodefinirci per differenziazione, quando possiamo semplicemente...diventare una cosa sola?” Da questa domanda è partita l’esperienza. Si possono dunque unire cristiani e musulmani nella prospettiva del crislamismo? Interrogativo al quale è difficile rispondere. Anche se, secondo i canoni della teologia ufficiale di entrambi di credi religiosi si tratta di un paradosso se non addirittura di una blasfemia.
Ma una settantina di chiese sparse per gli Stati Uniti si offrono di ospitare funzioni "crislamiche”.
Ma non tutti apprezzano questo slancio interreligioso e non sarebbe possibile altrimenti. Nel reale e nel virtuale le differenze emergono e in rete iniziano ad arrivare attacchi, recriminazioni e blog che traboccano di commenti e critiche astiose in cui molti fedeli cristiani accusano: "queste cose non funzionano. il risultato, quando cristiani e islamici si mettono insieme, è sempre lo stesso: gli islamici avanzano, i cristiani si ritraggono". L’accusa è quella del sincretismo religioso che non porta a nulla e rappresenta solo l’inizio della fine.
"Si è diffuso il panico" e alzato il livello di polemiche dialettiche, culturali e teologiche, scrive Randa Ghazy di Yalla Italia, ma il movimento non demorde. Episodi di solidarietà in cui chiese protestanti vengono messe a disposizione di comunità islamiche le cui moschee sono in costruzione o troppo piccole, o per celebrare le preghiere nel mese di Ramadan, si moltiplicano e matura la volontà di ascolto.
Il dibattito è aperto, i blog e i siti scoppiano di riflessioni e commenti spesso molto negativi. In maggioranza la disponibilità al dialogo esiste ma solo se preceduta dal riconoscimento reciproco e senza commistioni o infantili visioni ireniche destinate al fallimento.
Ognuno deve salvaguardare la propria identità rispettando quella altrui, dicono molti post nei blog dei movimenti. In America feroci sono state le accuse dei denigratori della prospettiva “crislamica” che ha già, per loro, un futuro segnato.
I più saggi, anche tra i promotori, sono i pronti ad ammettere l’utopia della sfida, ma ritengono positivo il tentativo, forse ingenuo ma sincero, di favorire in modo pacifico percorsi dialogo e conoscenza tra le nuove generazioni, consapevoli dell'impossibilità di realizzare una integrazione, di due fedi così differenti.
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