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sabato 23 luglio 2016

Possedere se stessi (Roberto Assagioli)

POSSEDERE SE STESSI – IL DOMINIO DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO LA PERSONALITA’

All’opera di scoperta di tutto quanto si agita in noi seguono necessariamente il dominio e la gestione delle differenti istanze della psiche. In altri termini noi possiamo decidere di non essere dominati da tutto quello con cui il nostro io s’identifica; noi possiamo dominare, dirigere e utilizzare tutto quello con cui c’identifichiamo. Ogni volta che un contenuto entra nel campo di coscienza noi possiamo decidere se subirlo oppure usarlo. Se dico “Io sono triste” divento perciò stesso triste. Mi identifico, o al contrario posso prendere atto che della tristezza è entrata nel campo di coscienza e decidere cosa farne. A questo scopo l’esercizio di disidentificazione è uno strumento di impareggiabile efficacia. Possiamo definire la disidentificazione come il distacco, consapevolmente effettuato, da vissuti, emozioni, parti, ruoli, pensieri, ideologie e così via. In altri termini si tratta di lasciar cadere un certo habitus mentale che costituiva la nostra precedente identità, proprio come un vestito vecchio, per indossarne uno nuovo e del tutto differente, si tratterà di un abito fatto su misura da noi stessi per quel momento esistenziale e maggiormente adeguato alle circostanze. Possiamo definirla anche come un’attitudine volontariamente scelta atta a liberarci da emozioni, desideri, immagini, ruoli eccetera dei quali altrimenti potremmo diventare “schiavi”. La disidentificazione, in termini semplici, distingue l’essere dall’avere: ciò che si ha da ciò che si é. Essa conduce a due importanti risultati: a) l’osservazione consapevole di un qualunque contenuto che si presenti alla coscienza, sia esso un’emozione, un pensiero, o una formazione più complessa com’è appunto una parte, detta anche subpersonalità, fa sì che l’individuo non ne sia travolto, o agito come si dice in termini psicologici, ma al contrario possa gestirlo; b) la presa di distanze da tali contenuti è già sufficiente, spesso, a togliere loro la forza d’urto sulla coscienza stessa, pensiamo per esempio all’effetto che la rabbia produce sull’essere umano. In effetti, si nota come già l’atto di osservare produce una diminuzione, una perdita di forza dell’identificazione. Tale presa di distanza, o distacco che dir si voglia, inoltre, è allo stesso tempo sia una conseguenza dell’esercizio che una premessa importante per poter osservare, e porta inevitabilmente alla scoperta dell’Io quale Centro unificatore e all’osservazione distaccata dei mutevoli contenuti della coscienza. La disidentificazione ci permette di relativizzare quello che tendiamo, per un processo identificativo inconscio, ad assolutizzare. Alla disidentificazione segue di necessità l’autoidentificazione con la quale s’intende l’identificazione consapevole col Centro che abbiamo definito IO. Essa è il momento in cui, dopo esserci disidentificati dai vari contenuti di cui abbiamo parlato sopra, emerge il “centro di pura autocoscienza e di volontà”. L’autoidentificazione è la fase del processo complessivo che sposta l’identificazione da un contenuto, per sua natura mutevole e relativo, all’Io – Centro di coscienza, stabile, fisso, uguale a se stesso, dallo strumento al possessore dello strumento stesso, dall’avere all’essere. Trasformazione di se stessi e sintesi dei vari aspetti (in altri termini formazione o ricostruzione della personalità intorno al nuovo Centro). L’importante processo della disidentificazione dalle dinamiche interne e d’autoidentificazione nell’Io è il punto centrale della psicosintesi di Assagioli e non solo, essendo questo un metodo conosciuto, sotto altri termini, in molte scuole di pensiero e religiose occidentali e orientali. Le dinamiche psicologiche ci muovono all’azione e al perseguimento dei nostri scopi, in una parola costituiscono il nostro carattere e determinano il comportamento. Sono energie reali, poiché sappiamo che è reale ciò che agisce, ciò che produce effetti. Nessuno, infatti, può mettere in dubbio che la rabbia, il desiderio, l’innamoramento, la volontà e così via, ci spingono all’azione e producono degli effetti, esattamente come l’elettricità, il calore, le onde elettromagnetiche e via dicendo. Detto questo, ripetiamo ancora una volta che nell’essere umano esiste una molteplicità di tendenze, d’energie differenti, solo in parte armonizzate e spesso in conflitto. Possiamo a buona ragione affermare che spesso siamo dei veri e propri “campi di battaglia”, dove ogni tendenza presente in noi cerca di manifestarsi e di raggiungere i suoi fini, in contrasto e spesso anche contro la nostra stessa volontà. In altri termini, ogni singola parte di noi ha una sua volontà e tende ad esprimersi, malgrado noi. Potremmo fare milioni di esempi, ma ci basta ricordare tutte le volte che siamo tristi o arrabbiati senza sapere perché, o insoddisfatti senza che apparentemente non ci manchi nulla. Noi però possiamo dirigere e controllare tutte queste forze che si agitano in noi con l’uso consapevole e intelligente della volontà e l’utilizzo di tecniche adatte. Possiamo così riassumere il processo che dalla presa di coscienza porta alla trasformazione delle dinamiche psichiche: sono consapevole di essere arrabbiato, il solo sforzo di conoscermi porta ad osservarmi osservandomi mi distacco, o disidentifico, dalla rabbia e la osservo da una certa distanza il solo fatto di osservarmi, inoltre, smorza la forza della mia rabbia, vale a dire che mi rende capace di dominarmi, ma posso fare di più: a) posso anche comprendere cosa e perché mi ha fatto arrabbiare b) infine, decido come utilizzare l’energia della rabbia. Posso per l’appunto trasformarla. Nella trasformazione le energie sono utilizzate per scopi differenti e liberamente scelti rispetto a quelli verso i quali s’indirizzerebbero spontaneamente. Basta un esempio per convincerci che questo è possibile. Riprendiamo in esame la rabbia, non si può negare che un individuo arrabbiato possiede un’energia tremenda che può creare molti danni. Una prima trasformazione volontaria consiste nel dirigerla ed utilizzarla per scopi utili o innocui, sfogando l’eccesso d’energia in un’attività fisica, e qui la scelta è molto ampia. Potremmo usare l’energia della rabbia anche in modo indiretto e sostitutivo, simbolico direi, scrivendo per esempio una lettera alla persona che ci ha fatto arrabbiare nella quale esprimiamo liberamente il nostro vissuto, senza però spedirla. Dello stesso genere è il cosiddetto “appagamento sostitutivo” che produce una sorta di catarsi o purificazione delle passioni. Lo troviamo già nell’antica Grecia nell’identificazione degli spettatori con i personaggi e le situazioni delle tragedie e delle commedie, e al giorno d’oggi nel tifo per le squadre di calcio, nella visione di film che coinvolgono lo spettatore e in qualche modo scaricano le pulsioni aggressive, almeno in alcuni casi, mentre in altri le stimolano e possono indurre alcuni a mettere in atto ciò che vedono. Questo apre un vasto campo di dibattito e ricerca di cui non possiamo occuparci qui. Possiamo elevare il livello d’utilizzo delle energie aggressive ad esempio discutendo, sia direttamente con l’avversario (sia esso politico, intellettuale, professionale, eccetera), sia indirettamente attraverso la satira politica, le barzellette, la comicità, che costituiscono uno sfogo almeno entro certi limiti, ma purtroppo possono produrre altri danni. Come quello indesiderabile di mettere in ridicolo l’altro o distruggergli la reputazione, o l’immagine, che sono poi la stessa cosa. Un modo più innocuo è il gioco competitivo che però utilizza la mente, come gli scacchi o giochi simili. Come si vede, esistono molte possibilità di trasformazione, si tratta di scegliere quella più consona a noi, al nostro temperamento, alle circostanze e così via. Di queste e di molto altro si tratta nell’articolo La trasformazione delle energie psichiche. Siamo giunti, per concludere, all’ultimo punto del percorso della Psicosintesi che è La realizzazione del Se.

Roberto Assagioli

Articoli Correlati: http://www.visionealchemica.com/?s=Roberto+Assagioli
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sabato 25 giugno 2016

sabato 19 gennaio 2013

Aforismi Diacronici (01-19)

01. Accettare e vivere bene la propria attuale condizione, prevedere e prepararsi per la prossima.

02. Che la sofferenza di ogni essere possa essere utile per la propria crescita.

03. Amare il Proposito della Vita.

04. Che ognuno possa essere aiutato a trovare il proprio posto e la propria via.

05. Cambiando casa spesso cambiano anche i vissuti.

06. Ci accorgiamo di ciò che abbiamo quando lo perdiamo.

07. In ogni vertice di una piramide triangolare c'è una stella!

08. Ho sentito dire alla radio:
     "Meglio essere odiato per ciò che sono che essere amato per ciò che non sono". (Fabio Volo?)


09. Se non ci fosse la verità non ci sarebbe nulla da dire.

10. Possano le donne favorire lo sviluppo dell'umanità.
     Possa ogni donna essere modello di evoluzione e di espansione della coscienza.

11. Sogno:
Ti è stata chiusa una strada, per gioco (senza farti molto male).
La tua reazione è stata rabbiosa, violenta, distruttiva: volevi far male, uccidere...
Ma ti sei chiesto, allora, da dove è venuta tutta questa energia? Dove stava se credevi di non averne? Non ti sembra questa una grande lezione? Allora l'energia c'è! Dove la nascondi e perché?

12. E' nel momento della decisione che si forgia il nostro destino.

13. Coltiva dei sogni ma lavora sodo per realizzarli. Vai lontano ma non dimenticare le tue origini.

14. Pensa positivo. Nonostante tutto sembri negativo, tu pensa positivo.
Nonostante tutto possa sembrare negativo, pensiamo positivo.
Può esserci il buio e può esserci la luce: pensiamo positivo, guardiamo la luce.

15. La personalità si educa
L'Anima si rivela
La Monade si vela

16. Per accettare, apprezzare delle situazioni brutte, cattive, certe volte, bisogna ricordarsi, volgere il pensiero verso quelle che pensiamo peggiori, o, addirittura pessime. Ma chi ci dice che una situazione che noi viviamo come pessima non sia invece, addirittura, la migliore di quelle possibili?
Gli eventi li possiamo vivere come punizioni o come premi, come effetti legati a: Karma, Dharma, Dio, Caso, noi stessi, gli altri.

17. Certe volte dimenticare non è distrazione, disinteresse, non curanza, ma percezione più profonda, preveggenza, saggezza inconscia.

18. Talvolta si sogna l'irreale pensiero che si potrebbe costruire una vita perfetta mettendo insieme posti, persone, fatti, periodi diversi: i migliori della propria vita…

19. Le cose si rompono, si guastano e, a volte si possono riparare o sostituire, a volte no. Lo stesso può succedere con i sentimenti, le persone, le situazioni.

giovedì 27 dicembre 2012

La Verità è una rivelazione (Osho)

Fonte: http://amicidimauro.wordpress.com/

LA VERITÀ È UNA RIVELAZIONE

"Bhagwan (
OSHO n.d.r.), sei contrario a tutte le religioni? Ma la religione non è qualcosa d’essenziale, di cui l’uomo ha bisogno?!

… “Certo, io mi oppongo a tutte le religioni perché sono favorevole alla religione. L’esistenza di tante religioni è la prova lampante che qualcosa di fondo è sbagliato: non siamo riusciti a scoprire la verità sulla religione, perché la verità può solo essere una, le bugie sono sempre centinaia. Puoi creare finzioni all’infinito, sono tue immaginazioni! Ma la verità non sarà mai una tua immaginazione. La Verità è una rivelazione: esiste già, non devi inventarla; devi solo scoprirla.

Io mi oppongo a tutte le religioni, perché nessuna di loro è una religione. Se lo fosse, nel mondo intero esisterebbe una sola religione. Sarebbe impossibile l’esistenza di una seconda religione, che dire di trecento? È una cosa assurda!

È strano che l’uomo continui a sopportare questo stato di cose: finzioni, create da gente diversa, da società diverse, in base alle differenti aree geografiche, che non hanno nulla a che vedere con la religione in quanto tale, perché la religione non è un fenomeno storico né tantomeno geografico, non è legata a razze o nazioni. Sono categorie irrilevanti per ciò che concerne la religione.

Si pensa forse alla scienza in termini di nazioni, razze, paese, periodi storici e aree geografiche? Se l’acqua bolle a cento gradi da noi, oggi, ha sempre bollito a cento gradi, ovunque e sempre, e bollirà sempre a cento gradi nel futuro. Né importa se a farla bollire è un ebreo, un hindu, un cristiano, o un comunista; non importa se crede o no in Dio, se è un peccatore o un santo. La verità è che l’acqua bolle a cento gradi, non occorre creare finzioni che suffraghino questa tesi.

L’esperienza religiosa è Una Verità. Quando la si scopre, non appare in quanto cristiana, hindu, musulmana o buddista. Non ha nulla a che vedere con questi termini. Nella scoperta della verità, ogni spazio ed ogni tempo perdono rilievo. È semplicemente al di là dello spazio e del tempo. Non è materiale. Cinquemila anni fa o nel futuro, non fanno differenza alcuna. L’universo resta se stesso, nella propria autenticità, sempre. La verità non indossa maschere, non si adatta alla situazione presente, esiste nella sua assoluta nudità. Non vi assomiglia affatto: non possiede personalità alcuna.

Voi, invece, avete più di una personalità, perché avete bisogno di maschere diverse, a seconda della situazione: parlando con tua moglie indossi la personalità del marito; con l’amante parli in un altro modo; e, di certo, quando parli al prete, ti comporti in un modo del tutto particolare… La tua collaboratrice domestica… non la degni neanche di uno sguardo… l’etichetta non lo prevede… lei è una serva. Ma in ufficio, di fronte al tuo capo, la situazione si ribalta: là sei tu il servo; di fronte a lui, indaffarato nelle sue carte, non sei nessuno. E il suo mostrarsi indaffarato serve solo a farti vedere chi è che comanda, chi è il padrone…

È necessario capire una cosa dell’uomo: la mente umana ha in sé una parte che funziona come un automa. La stessa cosa accade con le tue personalità, per questo non ti accorgi neppure della trasformazione, tanto è improvvisa. Eppure, se stai attento ed osservi, vedrai fino a che punto ti trasformi…

L’esistenza non ha personalità. È semplicemente Ciò Che È.

E quando sperimenti l’esistenza così com’è, conosci la Verità”… 

.:.

Fonte: Osho – “La bibbia di Rajneesh”. © 1988/2006 RCS Libri S.p.A. –
IX ed. Tascabili Bompiani settembre 2006 (pag. 349-351).
© 1985 Osho International Foundation.


lunedì 23 luglio 2012

Il Mese del Leone




LA QUINTA FATICA

L’UCCISIONE DEL LEONE DI NEMEA

Leone,  22 Luglio – 21 Agosto


IL MITO

Il Maestro disse a Ercole:  “Il popolo di Nemea è oppresso da una grande calamità. Un terribile leone si aggira furtivo in quelle terre e con impressionanti ruggiti ghermisce tutti coloro che incontra sul suo cammino. Il popolo trema per la paura e vive barricato in casa senza più il coraggio di recarsi al lavoro o coltivare la terra.
Vai, Ercole, uccidi il leone e libera quel popolo che spera in te.”
Ercole ubbidì immediatamente, ma prima di varcare la quinta Porta spogliò la pesante armatura di cui era vestito e leggero e fiducioso, munito soltanto della sua fedele clava, iniziò la ricerca del leone.
Lo cercò in lungo e in largo mentre  il popolo di Nemea, pieno di terrore, restava nascosto dietro le porte chiuse.
Molti lo guardavano perplessi e delusi nel vederlo cercare il leone con il solo aiuto di una clava e lo mettevano in guardia contro la ferocia della belva, che sembrava essere ora qui ora là senza mai lasciarsi intravedere.
Ad un tratto Ercole avvistò il leone nel bosco. Il suo ruggito faceva scuotere gli alberi. Ercole gli lanciò tutte le frecce del suo arco ma senza riuscire a colpirlo. Alla fine gettò l’arco a terra e si lanciò verso il leone, il quale si fermò sbalordito da tanta prodezza. Ercole continuava ad avanzare e il leone, che continuava a indietreggiare, improvvisamente si voltò e scomparve nella macchia.
Ercole continuò a cercarlo per giorni e giorni sia nel bosco che sulla  montagna senza alcun risultato, finché un giorno udì un selvaggio ruggito uscire da una caverna.
“Ucciderò il leone”, promise al popolo di Nemea che lo guardava pieno di speranza.
Depose la clava ed entrò nella caverna, la percorse fino in fondo e scoprì che la caverna aveva un’altra apertura. Ogni volta che Ercole entrava da un’apertura il leone usciva dall’altra e il compito sembrava irrisolvibile.
Dopo aver riflettuto, Ercole bloccò una  delle due aperture con alcune cataste di legna, entrò nella seconda apertura e la chiuse dall’interno, poi affrontò il leone afferrandolo alla gola e lo tenne stretto fin che cadde morto.
Il popolo di Nemea esultò dalla gioia.
Ercole scuoiò il leone poi tornò dal Maestro e stese la pelle ai suoi piedi.
Il Maestro lo accolse dicendogli: “Hai superato la quinta prova, ma ricordati che i leoni e i serpenti dovranno essere affrontati e annientati non una sola volta ma più e più volte. Ora puoi riposare”

IL SEGNO  -  INSEGNAMENTI

Il Leone è un segno di fuoco, la sua qualità è la sensibilità che porta alla consapevolezza dell’individualità.
Il motto esoterico è: “Io sono Quello e Quello sono io”.
Il Leone è il segno dell’io, della personalità, o individualità, completamente sviluppata e diventata potente.
Facendo un rapido esame delle quattro precedenti fatiche, possiamo riassumere il cammino finora percorso in questa breve sintesi:
In Ariete Ercole impara il tremendo potere del pensiero e della mente, impara a governarli e quindi ad entrare in rapporto col mondo delle idee.
In Toro impara a conoscere la natura del desiderio e a trasmutarlo in aspirazione spirituale, impara  a dominare il sesso e a usarlo nel modo giusto.
In Gemelli impara a conoscere la dualità e il senso degli opposti, e attraverso il servizio amorevole impara a  riunire il sé inferiore col Sé superiore.
In Cancro impara a trasmutare l’istinto in intelletto e l’intelletto in intuito e comprende che tutti i poteri inferiori pienamente sviluppati devono essere trasformati nelle loro corrispondenze superiori.
In Leone, la quinta fatica, Ercole diventa la “stella a cinque punte” simbolo dell’umanità individualizzata e dell’essere umano che, avendo conosciuto se stesso come individuo, diventa consapevole di essere il Sé.
In Leone cominciamo a renderci conto che abbiamo una meta spirituale, che ci siamo incarnati per nostra volontà e in piena consapevolezza allo scopo di spiritualizzare la materia ed elevarla al cielo attraverso la fatica e l’impegno del nostro lavoro quotidiano. E’ un lavoro magico che compiamo momento per momento con la nostra vita attraverso la qualità dei nostri pensieri e delle nostre  azioni  quotidiane.
Cominciamo a comprendere che lo spirito, il Padre, e la materia, la Madre, si incontrano nell'individuo e che la loro fusione produce l’unità cosciente chiamata anima, o Sé.
Il leone di Nemea rappresenta la personalità coordinata e dominante che, proprio perché potente, può diventare una forza aggressiva e devastatrice negli ambienti dove si esprime. A questo punto, l’individualità che abbiamo faticosamente costruito e che fino a questo momento è stata la nostra forza, deve essere distrutta per cedere il posto all’altruismo, che significa subordinare il Sé al grande tutto.
Perché Ercole affronta il leone in una caverna  e a mani nude?
La scienza dello spirito ci insegna che tutti gli avvenimenti più importanti si compiono in una grotta o sulla cima di una montagna, nel silenzio e nella solitudine, e che soltanto dopo aver fatto l’esperienza della caverna diventa possibile la salita alla montagna della trasfigurazione.
La lotta per vincere la personalità si compie nelle caverne della mente inferiore, ma la mente superiore non può vincere prima che l’aspirante abbia abbandonato la clava, simbolo  della vita personale egoistica, ed abbia bloccato l’apertura della caverna, simbolo delle emozioni personali.
La quinta fatica ci insegna che soltanto dopo aver costruito una forte e potente personalità possiamo combattere per sottometterla all’anima. Ma non potremo iniziare il lavoro e conseguire la vittoria se non avremo superato tutti i nostri egoismi e non avremo imparato a dominare le nostre emozioni personali trasformandole in aspirazioni e  trasferendo la focalizzazione delle nostre energie dal plesso solare alla mente, prima la mente concreta, poi  la mente superiore o intuito dell’anima.

Fonte: www.coscienzaetica.it/

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martedì 29 novembre 2011

Personalità Anima Monade Vita


Che la personalità

diventi sempre più capace, efficiente e docile

e possa accettare ben volentieri

di rendersi utile al Servizio dell'Anima

e al Piano della Monade

nella Vita...


lunedì 28 novembre 2011

GIOIA



GIOIA
Gioia in ogni Cuore
Gioia a tutti gli esseri
La Gioia è una saggezza speciale.
La Gioia, nella sua essenza, è una qualità dell'Anima.
Quando siamo davvero gioiosi ci possiamo dire infusi d'Anima. Una tale gioia dell'Anima porta con sé serenità, stabilità e quiete.
Questi sono autentici attributi della Gioia.
 GIOIA
Vostra sarà la gioia di aver partecipato al Piano dei Maestri ed è tutto questo che vi lega più strettamente ad essi; vostra sarà la gioia di aver contribuito ad  alleviare un mondo bisognoso, di aver portato luce alle anime offuscate, di aver in qualche misura lenito le piaghe aperte della sofferenza mondiale; dalla coscienza di aver speso bene i propri giorni e dalla gratitudine delle anime salvate deriva la gioia più profonda di tutte, quella che conosce un Maestro quando si fa strumento per aiutare un fratello a salire un gradino della scala. Questa è la gioia che ci attende tutti e che non è così lontana. Lavorate dunque non per la gioia, ma in direzione di essa; non per ottenere una ricompensa, ma per una necessità interiore di aiutare; non per ricevere gratitudine, ma sotto l’impulso suscitato dall’aver percepito la visione e aver capito quale sia la parte che vi spetta nel portare quella visione quaggiù sulla Terra.
Sarà utile fare una distinzione fra felicità, gioia e beatitudine.
La felicità ha sede nelle emozioni ed è una reazione della personalità.
La gioia è una qualità dell’anima e viene realizzata nella mente, quando ha luogo l’allineamento.
La beatitudine appartiene alla natura dello Spirito ed è inutile fare speculazioni al riguardo, fintanto che l’anima non sia giunta all’unificazione con il Padre.
Questa unificazione segue lo stadio anteriore in cui il sé personale si è unificato con l’anima. Perciò, analisi e speculazione sulla natura della beatitudine sono vane per l’uomo comune, le cui terminologie e metafore devono necessariamente essere personali e connesse al mondo dei sensi.
L’aspirante parla di felicità o di gioia? Se si tratta di quest’ultima, essa deve essere un effetto della coscienza di gruppo, della solidarietà di gruppo, del senso d’unione con tutti gli esseri e non può essere interpretata in termini di felicità. La felicità è ciò che si prova quando la personalità viene soddisfatta in qualche aspetto della sua natura inferiore; si prova quando vi è un senso di benessere fisico, di contentezza nei confronti del proprio ambiente o di personalità che ci circondano, o di soddisfazione nelle opportunità e nei contatti mentali. La felicità è la meta del sé inferiore separato.
Tuttavia, quando cerchiamo di vivere come anime, la contentezza dell’uomo inferiore perde d’importanza e proviamo gioia nelle relazioni di gruppo e nel realizzare le condizioni che conducono ad una migliore espressione delle anime di coloro con cui siamo in contatto. Apportare gioia ad altri per creare condizioni in cui essi possano meglio esprimere se stessi può avere un effetto fisico, se cerchiamo di migliorare le loro condizioni materiali, o un effetto emotivo se la nostra presenza infonde loro un senso di pace ed elevazione, oppure l’effetto può essere intellettuale se li stimoliamo a maggior chiarezza di pensiero e comprensione. Ma l’effetto su di noi sarà la gioia, poiché la nostra azione è esente da egoismo ed interesse personale e non dipende dalle circostanze o dalle condizioni sociali dell’aspirante.
Molta felicità è necessariamente impedita quando la salute è malferma, quando le circostanze ambientali sono difficili e si è oppressi dal “karma accumulato in molte vite”, oppure quando turbamenti nella famiglia, nella nazione o nella razza gravano sulla personalità sensibile.
La felicità della giovinezza o la contentezza egoistica della persona isolata nell’egocentrismo (che si nasconde dietro il riparo dei suoi desideri) non deve essere confusa con la gioia.
È un luogo comune e anche un paradosso dell’occultismo affermare che in mezzo alla profonda angoscia e infelicità della personalità, la gioia dell’anima può essere sentita e riconosciuta. Questa è la verità e a ciò deve mirare ogni studente.
Vi sono persone felici perché chiudono gli occhi alla verità o sono autoipnotizzate e si nascondono in un guscio di illusione.
Ma l’aspirante raggiunge spesso lo stadio in cui i suoi occhi sono ben spalancati; egli ha imparato a parlare con se stesso il linguaggio della verità e non ha costruito una parete di separazione fra sé e gli altri. Egli è vivo e desto, è sensibile e spesso soffre. Egli talvolta si chiede perché ciò che il mondo chiama felicità e pace lo abbiano abbandonato, e quale sarà l’esito.
Noi che osserviamo e guidiamo dal lato interiore, sorvegliamo con amorevole cura tutti voi che lottate nel fitto della mischia. Siamo come lo Stato Maggiore che segue il corso della battaglia da una posizione sicura. Nella nostra sicurezza sta il vostro successo finale, poiché noi deteniamo la soluzione di molti problemi e la applichiamo quando le condizioni della battaglia sono avverse. Vorrei che ricordaste sempre un fatto di vitale importanza, cioè che
nella distruzione della forma è nascosto il segreto di tutta l’evoluzione.
Non pensate che sia un luogo comune. Ne vedrete la costante applicazione ed è necessario che siate preparati a vederne la dimostrazione. I Maestri utilizzano la forma fino al limite massimo; essi cercano di operare attraverso essa, tenendovi imprigionata la vita fintanto che quella forma serve allo scopo e l’umanità ne trae insegnamento. Giunge però il momento in cui essa non serve più allo scopo prestabilito, in cui la struttura si atrofizza, cristallizza ed è facile distruggerla. La sua distruzione acquista allora estrema importanza e utilità; la vecchia forma scompare, mentre una nuova ne prende il posto. Osservate e costatate se non è la verità. Sempre viene costruita una forma, sempre viene utilizzata il più a lungo possibile, sempre viene distrutta quando impedisce e ostacola l’espandersi della luce e sempre segue la rapida ricostruzione di una nuova forma.
Questo è il metodo seguito sin dall’inizio dei tempi.
(A.A.Bailey, Trattato di Magia Bianca, editrice Nuova Era, Roma 1993, pag. 169-171)
GIOIA
Distacco significa aver conseguito uno stato di coscienza in cui esiste l’equilibrio e in cui non domina né il piacere né il dolore, perché sostituiti dalla gioia e dalla beatitudine. Dovremmo riflettere molto su queste parole, poiché è necessario sforzarsi al massimo per giungere al distacco.
Prendere le cose piacevoli che si presentano come affidateci per diffondere gioia, e non ribellarsi alla felicità e al piacere nel servizio, pensando che ciò sia un errore. La sofferenza nasce dalla ribellione del sé inferiore. Dominando il sé inferiore, eliminando il desiderio, tutto è gioia.
Così, tramite la parte, si stabilisce il contatto col Tutto e si sperimenta un’espansione di coscienza che è beatitudine, o gioia. Ogni realizzazione dell’unità della parte col Tutto è fonte di beatitudine.
Il desiderio di possessi materiali deve tramutarsi in aspirazione per i beni che sono la gioia dell’anima: saggezza, amore e potere di servire. Pace, sicurezza e retta aspirazione!
A.A. Bailey
ESERCIZIO DI EVOCAZIONE DELLA GIOIA
Assumiamo una posizione in cui possiamo rilasciare il corpo fisico, calmare le emozioni e stabilire uno stato di silenzio mentale.

Atteggiamo le nostre labbra ad un lieve sorriso.
Riflettiamo brevemente sul valore e sul significato della Gioia e sulla sua utilità nella vita di tutti i giorni.
Apprezziamo e desideriamo la Gioia, evocandola pronunciando mentalmente la parola GIOIA e visualizzando un immagine che esprime gioia (es. il sole).
Immaginiamo delle situazioni della vita quotidiana dove sarebbe utile esprimere gioia. 
Evochiamo in noi la gioia e irradiamola intorno a noi.
Proponiamoci di rimanere gioiosi durante tutta la giornata come esempio vivente di gioia, qualsiasi evento accada.
Irradiamo gioia intorno a noi, visualizzando l'ambiente circostante e ampliamo la nostra irradiazione di gioia in cerchi sempre più grandi fino ad includere l'intero pianeta illuminato dal sole.
Quando lo riteniamo opportuno, riprendiamo il contatto con il nostro corpo fisico, acceleriamo il nostro respiro, muoviamo le mani e le gambe e riportiamo la nostra attenzione al qui e ora.
GIOIA

martedì 8 novembre 2011

Adesso posso morire in pace

Foto scrapbook 2Quando diciamo "Adesso posso morire in pace"
pensiamo al nostro corpo fisico ma,
in realtà, profondamente,
intendiamo il nostro io personale.
Vogliamo dire, cioè, che siamo pronti ad accettare la morte (trasformazione) della nostra personalità 
per  lasciar emergere il "Se transpersonale".


mercoledì 16 marzo 2011

Il Servizio è lo spontaneo risultato del contatto con l'anima.

Fonte: A. A. Bailey, Trattato dei Sette Raggi, Psicologia Esoterica vol. 2, Editrice Nuova Era, Roma 1984, pag. 70-71 ital. (136-137 ingl.).

Come Servire il Piano Divino e la Gerarchia Spirituale?

Una personalità intelligente e integrata è adatta a compiere la parte che spetta al servitore nel lavoro attivo, purché la visione non sia macchiata dall’ambizione personale e l’attività non degeneri in una corsa o in un febbrile affaccendarsi. L’anima stessa rivela la mossa successiva nell’opera evolutiva alla mente calma e stabile, impartendo idee. Tale è il Piano per l’umanità. La forza che si riversa nella personalità, dando al servitore la necessaria visione e il senso di potenza che lo mette in grado di collaborare, scende nel corpo astrale o emotivo. Anche qui l’effetto è duplice, secondo la condizione del corpo astrale e l’orientamento interiore. Può accrescere e intensificare l'annebbiamento e approfondire l’illusione, gettando il servitore in balia degli effetti psichici illusori che vi si trovano. Quando ciò si verifica, egli emergerà sul piano fisico illuso dall'idea, per esempio, di avere sorprendenti contatti personali, mentre ha percepito solo qualche forma pensiero collettiva dei Grandi Esseri. Si illuderà di essere stato prescelto come strumento e portavoce della Gerarchia, ma è ingannato dalle molte voci, poiché la Voce del Silenzio è stata sopraffatta dai clamori del piano astrale; s’illuderà che non vi sia altra via se non la sua.  Oggi tale inganno e illusione è comune ovunque fra istruttori e operatori, poiché molti stanno stabilendo un preciso contatto con l’anima e sono trascinati dal desiderio di servire; tuttavia non sono esenti da ambizione e tendono ancora soprattutto ad esprimere la personalità e non a fondersi con il gruppo di servitori del mondo. Ma se riescono a evitare l’annebbiamento astrale e distinguere il Reale dall’irreale, la forza che affluisce inonderà la loro vita di vero amore altruistico e devozione al Piano, a coloro serviti dal Piano e a Coloro che servono il Piano. Notate la sequenza di queste attitudini e regolatevi in conformità. Allora non vi sarà posto per interesse e affermazione personali o ambizione egoistica. Si considerano soltanto le esigenze e la necessità impellente delle iniziative immediate da prendere per provvedervi, quali si presentano agli occhi del servitore. Se il cuore e la mente operano all’unisono (sia in coalizione egoistica per la presentazione di una personalità attiva, sia in consacrazione altruistica e subordinazione all’anima) la forza fluente attraverso il servitore stimola il corpo eterico all'azione. Automaticamente il corpo fisico risponde. È quindi estremamente necessario che il servitore sosti sul piano astrale e, in sacro e controllato silenzio, attenda prima di permettere alla forza di fluire nei centri del corpo eterico. Questa pausa di silenzio è uno dei misteri dello sviluppo spirituale. Una volta che la forza o energia dell’anima (nella sua purezza originaria o contaminata e sviata nella sua discesa in manifestazione fisica) ha raggiunto il corpo eterico, il discepolo medio non può fare altro. Raggiunto quel punto, il risultato è inevitabile ed effettivo. Il pensiero interiore e la vita di desiderio determinano l’attività che esprimerà fisicamente.

Vero amore altruistico e devozione:
1. A
l Piano,
2. A
coloro serviti dal Piano,
3. A
Coloro che servono il Piano.
Notate la sequenza di queste attitudini e regolatevi in conformità.

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mercoledì 23 febbraio 2011

ETICA Vivente 2001 [B] Ideale Servizio Cicli

Parole di Sergio
(Appunti dai Seminari 2001 [B] a cura di Paola Costanza)

Nell’Era dei Pesci tutti avevano un ideale che non incideva nella vita quotidiana.
Nell’Era dell’Acquario l’ideale deve incarnarsi, la coscienza quotidiana deve vivere l’ideale.

Conformare la propria vita quotidiana all’ampliamento della vita interiore.
Dalle piccole situazioni della vita vediamo lo stato della nostra coscienza.
Il cambiamento all’esterno denuncia la tendenza al rinnovamento.
L’attaccamento è il male dell’uomo.
Poter vivere tutto senza attaccamenti.
L’autonomia si verifica nella libertà.
Il percorso sociale e quello spirituale si vivono separati, si uniscono solo nel Servizio.
Il Servizio non riguarda il miglioramento della vita sociale.
Servizio: tecnica psicospirituale della psicologia esoterica.
Segreto spirituale: controllare totalmente le forza della personalità.
Integrazione della personalità: fare ciò che voglio senza sofferenza.
Per quanto riguarda il lavoro e la famiglia: dare quel tanto di energia sufficiente affinché non crei ostacoli o problemi.
Programmare la propria vita ascoltando la propria anima.
Come si fa ad attivare la propria anima? Chiamandola in causa e usandola.
La mente superiore, che è la parte inferiore dell’anima, si attiva quando non si è impegnati a livello concreto.
Dedicarsi Gruppo e al Servizio perché in esso, e solo in esso, trovo il contatto con la mia anima e sono felice.
La vita è un movimento incessante che si rinnova sempre.

Inizio di un nuovo ciclo:
- Fusione della coscienza individuale nella coscienza di gruppo.
- Impegno a lavorare per favorire la coesione e l’attività di gruppo.
- Totale dedizione delle energie al gruppo.
- Attenzione a tutti i gruppi in cui lavori per favorire il bene superiore del gruppo e per il raggiungimento del suo obiettivo.


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mercoledì 5 gennaio 2011

Saggezza e conoscenza

Tratto da "Cosmologia occulta" di BRUCE LYON

All'inizio di questa dissertazione voglio quindi rendere molto chiaro un punto: La Saggezza Eterna che rappresento non è una tradizione di conoscenza.
La conoscenza appartiene ai tre mondi e quindi all'Umanità e non alla Gerarchia. Questa può sembrare un'affermazione strana da fare proprio mentre si sta cercando di fondere Gerarchia e Umanità, ma l'anima e la personalità non possono essere completamente fuse fin quando non sono state completamente separate.
La tradizione di Saggezza Eterna cui generalmente si riferiscono gli studiosi è una tradizione di informazione esoterica prodotta dall'Umanità su ispirazione della Gerarchia.
La conoscenza è umana, la saggezza è gerarchica.
L'Umanità è essa stessa un centro divino e questo sarà sempre più compreso man mano che il processo di Esteriorizzazione procederà. Quale centro divino essa ha un ruolo autonomo e una responsabilità all'interno della triplice operatività di Shamballa, della Gerarchia e dell'Umanità. La realizzazione e l'accettazione di questa responsabilità è parte critica dell'iniziazione del genere umano quale un tutto.
Ora, è vero che i membri della Gerarchia una volta erano parte dell'Umanità, ma bisogna ricordare che l'Umanità di cui essi facevano parte - nel tempo e nello spazio - aveva una conoscenza di base molto meno evoluta dell'Umanità del giorno d'oggi – base che si sta espandendo in misura esponenziale.
I membri della Gerarchia possono essere Maestri di Saggezza (solo dalla prospettiva dell'umanità - infatti essi non si considerano tali) ma questo non significa affatto che sono Maestri d'Ogni Conoscenza – essi hanno solo la chiave a ogni conoscenza.
Lasciate che spieghi quest'affermazione.
La saggezza è un'emanazione dai mondi dell'Essere.
Ha le sue radici in ciò che è immutabile.

La conoscenza è un'accumulazione dai mondi del Divenire.
Ha le sue radici in ciò che è sempre in mutamento.

La saggezza è archetipica.
La conoscenza è particolare.

La saggezza si sviluppa nell'anima.
La conoscenza viene accumulata dalla personalità in incarnazione.
La confusione tra le due è alla radice di alcuni persistenti problemi nella relazione tra Gerarchia e Umanità.
L'umanità ha tendenza a confondere la conoscenza divinamente ispirata con la saggezza e quindi la considera immutabile e inattaccabile.
Questa è la causa del fondamentalismo di tutte le religioni e tradizioni spirituali nei riguardi dei rispettivi testi sacri fondamentali.
Un altro risultato di questa confusione è che l'Umanità si aspetta che la Gerarchia le fornisca la conoscenza, mentre l‟accumulazione di conoscenza è esattamente il lavoro di quelle anime che attualmente fanno parte del Centro umano.
La conoscenza è l'impasto, la saggezza è il lievito.
La ragione per cui gli insegnamenti di Saggezza continuano ad avere la loro espressione nel corso del tempo nell'esperienza umana è che l‟aspetto della conoscenza dell'umanità sta diventando sempre più raffinato ed è quindi in grado di formare un veicolo sempre migliore per la rivelazione spirituale. Indubbiamente in nessun tempo della storia la conoscenza a disposizione dell'umanità è stata tanto accessibile, tanto vasta e in crescita con un ritmo tanto rapido. Questo pone particolari problemi ed opportunità al Centro umano nel suo insieme e significa che il requisito per sviluppare discernimento, intuizione e saggezza per utilizzare le informazioni non ha precedenti e ormai fa parte dell'appello di massa alla Gerarchia.

In qualche modo l'ashram scientifico ha l‟approccio più sano alla conoscenza. Viene visto come un modello in continuo cambiamento ed evoluzione attraverso il quale viene visto il mondo – in modo tale da rendere più comprensibile e malleabile la volontà umana.
In sé, la conoscenza rappresenta il risultato del potere dell'intelligenza – il terzo aspetto dell'anima.
La conoscenza scientifica si evolve tramite forze sia di cooperazione che di competizione nell'ambito della comunità scientifica – una fratellanza che ha come proprio scopo comune perseguire delle verità dimostrabili.
Storicamente, quando le forze della scienza e della religione si sono scontrate, è stata più spesso la scienza a dimostrarsi meno dogmatica. Negando o divinizzando le fonti interiori di ispirazione, tuttavia, entrambe le discipline ricadono sotto l‟incantesimo del materialismo.
Coloro che propongono la scienza divina devono quindi sapere cosa mantenere quale saggezza immutabile e cosa invece lasciare andare quale conoscenza sorpassata.
Forse il miglior consiglio a questo proposito è quello di essere disposti a offrire continuamente tutta la conoscenza/saggezza al fuoco della trasformazione evolutiva, nella sicura consapevolezza che lo spirito non potrà mai essere danneggiato dalle fiamme.
Un aumento di Saggezza non è risultato di maggior conoscenza, ma di una realizzazione graduale dell'inconoscibile.
Il neofita della tradizione di Saggezza cerca, come cercavano i primi scienziati, di trovare un mondo divino ordinato in cui tutti i pianeti girino in cerchi perfetti intorno al sole. Cerca di trovare le risposte definitive alle inquietanti domande dell'esistenza e di riuscire ad appropriarsi di una visione del mondo coerente e inattaccabile dai dubbi. Cerca in tal modo di diventare un conoscitore di "risposte‟ piuttosto che di riconciliarsi con la parte viva della "domanda‟. Questo naturale desiderio viene rapidamente cancellato nello scopo ampio delle tradizione di Saggezza che investono la mente con paradossi e cercano di espandere la coscienza finché non ci sia più niente di alcuna sostanza cui aggrapparsi.
Helena Blavatsky ebbe a dire questo su un approccio alla sua opera ispirata, la Dottrina Segreta:
Leggete la Dottrina Segreta senza alcuna speranza di trovare in essa la Verità finale dell'esistenza, o qualsiasi altra idea diversa da quella di vedere quanto essa possa portarvi verso la Verità.
Similmente nella tradizione della Bailey i nuovi studenti tentano di ridurre la cosmologia ampia e globale in un universo ordinato i cui raggi e pianeti e chakra possano tutti essere accuratamente assegnati. Quel che non si comprende è che è proprio questa tendenza della mente umana a "ridurre‟ la saggezza vivente in conoscenza concreta che si cerca di vincere nella tradizione di Saggezza. È come un cavallo di Troia che offre sicurezza di conoscenza e finisce per smontare tutto quello che si cercava. Un Maestro di Saggezza è uno che ha lasciato dietro di sé ogni identificazione con la conoscenza. Egli non coltiva il campo della conoscenza perché sa che egli stesso è uno con il campo, col coltivatore e col seme.
La verità che è evidente nei regni superiori non può mai essere completamente "conosciuta‟ poiché nella conoscenza l'apparato che percepisce la verità viene sperimentato separato da essa.

Ogni tentativo di formulare con parole quello che deve essere sentito e vissuto per essere veramente compreso, si dimostrerà necessariamente inadeguato in modo desolante. Tutto quel che si potrà dire non sarà dopo tutto che una parziale esposizione della grande Verità velata, e deve essere offerto al lettore ed allo studioso semplicemente come ipotesi di lavoro da elaborare, e come suggerimento. Allo studioso di mente aperta, e a colui che tiene presente che la verità viene rivelata per gradi apparirà chiaro che l‟espressione più alta possibile della verità in qualsiasi tempo, verrà riconosciuta più tardi non esser altro che un frammento di un tutto; più tardi ancora si troverà che è soltanto parte di un fatto e quindi, in sé stessa, una distorsione del reale.  (dalla Prefazione al Trattato sul Fuoco Cosmico.)


 

Personalità Anima Monade
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Tratto da:
- Cosmologia occulta, pag. 4-5
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lunedì 29 novembre 2010

Affermazione per la personalità


AFFERMAZIONE PER LA PERSONALITÀ

Sto al centro della Volontà di Dio.
Nulla distoglierà la mia volontà dalla Sua.
Compio quella Volontà con Amore.
Mi oriento verso il campo di Servizio.
Io, il divino Triangolo, esprimo quella Volontà
dentro il Quadrato e Servo i miei simili.

*

(A. A. Bailey, Discepolato della Nuova Era, vol.  2, pag 100)

martedì 16 novembre 2010

ETICA Vivente 2000 [D] Anima Coscienza Vita

Parole di Sergio
(Appunti dai Seminari 2000 [D] a cura di Paola Costanza)

Rendere automatica la vita della personalità  e dare più attenzione alla vita dell’anima, autoeducandoci in modo permanente.
Tutto è proporzionale a quanto educhiamo la nostra coscienza con la
meditazione, la preghiera, lo studio, il silenzio.
Salvare la propria anima e non lasciarla in balia della personalità.
Non dare molta attenzione al mondo esterno, ma insegnare alla nostra
coscienza a vedere il mondo in modo nuovo, diverso.
Abbandonare il vecchio per diventare nuovo. La vita nuova è nuova, non è un miglioramento del vecchio.
Alcuni utilizzano le energie che arrivano senza cambiare niente, continuando solo a pensare che hanno capito e che hanno ragione.
Risvegliare il potere energetico in noi.
L’aspirante comincia a sentire accessibile l’energia dell’Anima e quindi può spostare l’energia.
Utilizzare la comprensione nel quotidiano. Siamo noi che diamo direzione alla nostra vita e ne siamo responsabili.
Fare una sintesi dell’animo molteplice e scegliere chi
vogliamo essere.
La scelta accelera o decelera il percorso esistenziale.
Quando ci identifichiamo in un obiettivo lasciamo tutto il resto.
Se vogliamo spostare l’energia dobbiamo formulare un pensiero.
Nel silenzio si creano delle condizioni che potenziano il pensiero.
Aumentare l’impegno, non cedere alla paura, né al qualunquismo.
Tenere sempre un contatto con la
Luce. Ricollegarsi ai simboli di Luce, perché stiamo entrando nella Luce e questa sarà la discriminante.

Responsabilità

Operare la scelta migliore

Autonomia

Non essere assoggettati all’esterno

Distacco

Produce autonomia e autorealizzazione

Conoscenza

Avere una visione più ampia

Amore

Come Saggezza

Tolleranza

Non reagire subito.Trasformare la reazione nel “silenzio” e sviluppare il sorriso interiore.

Saturazione

Sciogliere gli accumuli karmici

Il sentiero spirituale non è annullare se stessi,
ma ampliare la propria coscienza,
per il bene maggiore,
per il maggior numero di persone.

 

giovedì 16 settembre 2010

ETICA Vivente 2000 [B] Anima Personalità Futuro

Parole di Sergio
(Appunti dai Seminari 2000 [B] a cura di Paola Costanza)

Mantenere il contatto con l’anima, sempre focalizzati sugli obiettivi primari e ad essi subordinare le scelte. Affidarsi all’anima, prendere le distanze dalla personalità.
A mano a mano che ci allontaniamo da ciò che è involuto ci avviciniamo a ciò che è più evoluto.

Mettere la personalità in grado di vivere di rendita nel mondo sociale.
Collaborare con l’inevitabile. Non restare incapsulati nell’esperienza.
Affrontare le problematiche della personalità: fare un tentativo per un tempo determinato. Ad ogni problema c’è una soluzione: verifica in un tempo ragionevole (3 mesi), oppure non vederlo più come un problema.
Uscire dalle crisi della personalità per dedicarsi all’anima in modo gioioso.
Interloquire di più con l’anima, senza creare un distacco.
Coniugare i due opposti: se diventa una filosofia di vita è equilibrio.
Vivere nei tre corpi inferiori e dare valore al quarto.

Il centro del cuore è l’intelligenza che discrimina. Uso della mente discriminante per mezzo dell’intuizione.
Capacità di gestire il proprio pensiero. Lavorare per costruire l’Antahkarana e quindi operare con il piano intuitivo (ci rivela il futuro).
Formulare il futuro sul piano mentale.
Avere un proposito e realizzarlo. Io posso scegliere nella vita ciò che voglio.

Il potere energetico aumenta con la consapevolezza dell’esperienza dell’intuizione.
La chiarezza della direzione aumenta il potere.
Rendere magnetico il proprio progetto investendolo di energia emotiva: entusiasmo, e l’ideale sia il più alto possibile.

Rendere utile questo insegnamento per la coscienza con:

Amorevolezza Atteggiamento amorevole verso il tutto
Magnetismo Irradiazione che si esprime dai chakra purificati, cioè purificare la loro qualità vibratoria
Vigilanza Rimanere il più possibile a livello alto, intuitivo, anche quando torniamo nel mondo ordinario, perché si producono degli effetti

Il processo di individuazione (processo iniziatico) deve essere effettuato fuori dalla famiglia. 
La famiglia ha la funzione di protezione dei minori ed è una palestra di amore e di comprensione.

Ognuno ha il diritto di essere così com’ è: il problema è nostro.
In futuro si dovrà tollerare tutti.

 

 

venerdì 11 giugno 2010

ETICA Vivente 1991-93 [A] Intenzionalità Anima

Parole di Sergio
(Appunti dai Seminari 1991-93 [A] a cura di Resalvato)



Concentrazione puntiforme della coscienza di gruppo; completa e assoluta convergenza anche nell’estroversione della vita quotidiana. Focalizzarsi sul Compito. Uso della mente per la creazione della N. E.
Ciò che conta è la focalizzazione dell’attenzione sul proposito, sull’obiettivo comune.
Intenzionalità: Spostare l’attenzione, l’interesse, dal mondo esterno a quello interno, da quello concreto a quello sottile, da quello inferiore a quello superiore, da quello visibile a quello invisibile. Non mescolarli: viverli come due binari, separati. Continuare la vita della personalità, costruendo la vita dello spirito, senza che siano in contrapposizione.
Distinguere fra personalità e anima: la personalità non è detto che esprima sempre l’anima.

Utilizzare l’afflusso energetico non per la personalità ma per e nel Servizio.

Il compito di Servizio può essere duplice, triplice (punti magnetici):
1) Costruire se stessi;
2) contribuire alla costruzione di un Gruppo;
3) occuparsi di una iniziativa (attività esterna).
Tutto questo attraverso la meditazione, la condivisione (individuale e di gruppo).

Dare la propria energia a favore di “chi sta servendo il mondo”.
La vita della personalità e quella dello Spirito hanno due direzioni opposte, non conciliabili. “Dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.”

Chi è che fa crescere la coscienza? E’ l’anima non la personalità. E’ la nostra coscienza che produce gli eventi. E’ la nostra anima che ci ha portato qua.

Nell’Aspirante permane un dualismo fra anima e personalità. Nel Discepolo si raggiunge un certo equilibrio tra interno ed esterno.
L’energia, a livello della personalità va guidata; a livello dell’anima va affidata.
Differenza tra attivismo e attrazione: mettere i poli nella massima tensione, contenerla e quindi coniugare i due estremi in un terzo elemento che li contenga entrambi (sintesi).
L’integrazione della personalità è il coordinamento di tre energie diverse: fisica, emotiva, mentale.

Bisogna evitare di lasciare il campo sguarnito. Non lasciare un vuoto che può essere riempito da energie disarmoniche e disgregatrici.
Comunicazioni utili al fine di costruire una fratellanza spirituale.
Non lasciarsi condizionare dalle abitudini.
I rapporti di coppia, familiari, sono ostacolanti per la coscienza di gruppo.
Tenersi saldi e procedere.
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