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venerdì 9 marzo 2012

Come due coccodrilli



L’altro giorno, mettendo apposto un cassetto della mia scrivania, ho trovato un vecchio libretto di canzoni.
La pagina si è aperta su questa canzone… Chi di voi non la conosce?

…Ci son due coccodrilli
ed un orangotango
due piccoli serpenti, un'aquila reale
il gatto, il topo, l'elefante
non manca più nessuno:
solo non si vedono i due liocorni…

Questa è il ritornello famosissimo di una canzone per bambini, riferita al mito di  Noè.
Noè raccoglie sull’Arca tutti gli animali, prima che inizi la tempesta e l’inondazione d’ acqua che spazzerà via tutto e attende i due liocorni invano, perché essi non si presenteranno all’appuntamento..
Così Noè, che non può più aspettare perché riconosce i terribili nuvoloni carichi di pioggia sopra alla sua testa, che indicano l’inizio a breve della tempesta d’acqua , chiude le porte dell’Arca…
Ed è per questo che nessuno vedrà mai più la specie animale dei leocorni…


Mi fa sorridere l’associazione di idee che ora mi viene in mente: il comportamento dei leocorni che restano fuori dall' Arca, come  splendida metafora di quel che accade quando non si arriva in orario agli appuntamenti: o ci si complica di molto la giornata, facendo le corse in modo trafelato o le persone non ci aspettano e talvolta così facendo si perde anche qualche amicizia…o la propria serietà in qualche relazione professionale.
Quanto è importante la puntualità!
Beh, vi dicevo... 
Questa graziosa canzoncina l’avevo sentito per la prima volta cantata da un bambino e la sua mamma in un film degli anni ‘90, splendidamente orchestrato nei particolari e apprezzato dalla critica internazionale, vincitore di molti premi internazionali ma che in Italia uscì all’epoca solo nelle sale di  7 città nel 1994 ed è ai più sconosciuto…

Locandina Come due coccodrilli

Questo film è per me oggi anche un omaggio a Lucio Dalla, scomparso da poco, che ne ha scritto la colonna sonora, il cui testo completa il profilo del protagonista, con lo splendido  “Latin Lover”, tratto dall’Album Henna, il ventunesimo del cantautore, uscito nel 1993.




Apre le braccia come le ali…
Mi guarda.
Io e te siamo uguali… 
Fratello dobbiamo volare nei cieli più limpidi .
Bisogna imparare a sognare
per essere liberi !
…Così non serve nemmeno volare per essere liberi…


 La libertà di cui si parla è la libertà dal rancore... e dal dolore del passato.

Gabriele, un italiano che lavora come esperto presso un’importante casa d’aste parigina, vive da solo in un elegante appartamento della capitale francese.
Ha una storia d’amore con una collega ma il suo coinvolgimento 
non è completo.
Un giorno Gabriele vede in un catalogo di un’asta che sta per tenersi in Italia, sul lago di Como, a Varenna, un oggetto che attira la sua attenzione: si tratta di un antico vaso romano che gli ricorda il suo passato.
Gabriele parte per Varenna e mette in movimento il meccanismo che potrebbe portare alla rovina i suoi due fratellastri che, tra l’altro, hanno promosso l’asta perché si trovano in ristrettezze economiche, hanno fatto fallire l'azienda di famiglia ed hanno la casa ipotecata.
La vendetta si serve fredda.
Il protagonista escogita un piano brillante, di sicuro successo ma  all'ultimo momento rinuncerà.
Il rancore del passato, che lo ha avvelenato rendendogli la vita impossibile ( “Io vivo da anni chiuso in una scatola e voi invece siete qui, con le vostre famiglie ad andare avanti con le vostre vite… A godervi la vita sul lago, il mercato, la vita di provincia…”) lascia il posto al perdono e al riconoscimento del valore dei buoni sentimenti.


È una storia che parla di rapporti d’amore tra uomini e donne, a volte felici ma più spesso complicati, fatti anche di passioni, tradimenti, incapacità di prendere delle decisioni definitive.
È una storia che parla di rapporti tra genitori e figli, delle difficoltà di instaurare da parte dei primi un rapporto educativo veramente di crescita.
È 
una storia che parla dell’amore tra i fratelli, ma anche dei conflitti, delle gelosie, dell’odio che si può scatenare tra di loro.
È una storia che parla di ingiustizie subite, di come queste si possano radicare nei nostri pensieri e tornare a galla dopo anni sotto forma di desiderio di vendetta.
È una storia che parla del tempo che passa e che trasforma ogni cosa.
È una storia che parla della possibilità per ognuno di noi di prendere coscienza della realtà oltre noi stessi e, forse, della possibilità di cambiare”.
Così la dichiarazione di Giacomo Campiotti, regista del film.
Campiotti afferma inoltre di avere utilizzato come fonte di ispirazione per il suo soggetto il lungo racconto di “Giuseppe venduto dai fratelli” che si trova, senza sostanziali differenze, sia nella Bibbia che nel Corano.
“A questo racconto gli autori” aggiunge il regista” si sono accostati con grande umiltà ma anche con totale libertà, tanto che è estremamente difficile riconoscere nella storia di "Come due coccodrilli" l’illustre origine.
La storia di Giuseppe è stata solamente uno stimolo per la ricchezza e la qualità con cui tratta la molteplicità dei sentimenti e delle pulsioni presenti nell'uomo e per l’originalità delle situazioni descritte.”



Il senso del film sembra riecheggiare in una frase pronunciata dalla madre e udita dal piccolo Gabriele: ”Non si può costruire la propria felicità sull'infelicità altrui”.
Da un lato c’è quello a un passato rimosso che risale a livello cosciente e dall'altro quello a un presente in cui il futuro (proprio e altrui) dipende dalle scelte che si andranno a operare.
E la canzone di Lucio Dalla (nei titoli di coda) ne completa il 
senso.

Questa premessa può essere utile per inquadrare la storia di un film che ha ottenuto riconoscimenti in molti paesi esteri.
La pellicola, uscita in sordina nelle sale italiane, diventa presto un caso di critica e pubblico, vince numerosi premi in giro per il mondo e ottiene la nomination come miglior film straniero ai Golden Globes del 1996 (compreso un premio dei giovani al Festival Internazionale di Locarno 1994 e la vittoria a un’importante rassegna di film tenutasi nel novembre dello stesso anno a New York), una decina di premi, anche internazionali e 1 Nastro d'argento per il soggetto.
Ma in Italia la distribuzione del film è stata molto scarna.

Giacomo Campiotti nasce a Varese nel 1957, ed è laureato in pedagogia all'Università di Bologna.
Ha lavorato per diversi anni nel teatro di piazza, realizzando spettacoli in giro per l´Italia e all'estero.
È stato assistente ed aiuto regista di Mario Monicelli ne Il marchese del Grillo, Speriamo che sia femmina e I Picari.
Frequenta il gruppo "Ipotesi Cinema" ideato da Ermanno Olmi a Bassano del Grappa e realizza per RaiUno i suoi primi apprezzati cortometraggi: Tre donne del 1983, La bomba del 1985 e Ritorno al cinema del 1986. Il suo esordio nel lungometraggio risale al 1989 con il film Corsa di primavera, che racconta la vita di provincia vista attraverso gli occhi dei bambini.
Il film viene presentato con successo alla Settimana della Critica alla Mostra del cinema di Venezia dove sarà selezionato a numerosi festival internazionali. Inoltre vince il Festival di Giffoni come miglior film.

Questo film mi serve per introdurre un tema a me caro:

L’arte del PERDONARE

Trattarò brevemente questa tema interessante dello sviluppo personale:
accettare il passato è un modo per lasciare andare il passato.




Benedire le situazioni che ci hanno arrecato sofferenza, benedire le persone che ci hanno fatto del male è liberarsi dal rancore.
E’ un atto di rottura delle catene che ancora ci ancorano al passato e non ci fanno decollare verso la gioia del presente (l' unico tempo possibile ).




Il perdono non rimedia un torto subito ma serve a lasciare nuovamente fluire l’energia per convogliarla su dimensioni più costruttive dell’ Essere.
Per noi, per la nostra vita!
Lo troverete incredibile ma accade proprio così: ci si sente più leggeri. Si recupera vitalità.
E’ un modo per chiudere la porta sul passato e ripartire nuovamente.


Perdonare  combatte la cristallizzazione stagnante del dolore, che ad un certo punto diviene  fine a se stesso.
Si perdona, perchè si decide di scegliere il presente, senza più vincoli che ci trattengono al passato.
Il passato ci offre delle lezioni di vita, a volte dolorose ma sempre utili!
Qualcuno riconosce di averci fatto del male, qualcuno no. Non possiamo imporre agli altri il nostro punto di vista.




Noi non possiamo obbligare nessuno a chiederci scusa ma possiamo perdonare in cuor nostro senza
giustificare il torto subito. 
E’ solamente un gesto interiore di liberazione, che facciamo dentro di noi.Per noi stessi! Non occorre parlarne.
Da un punto di vista cognitivo è anche riconoscere con compassione la comune fragilità umana. L’imperfezione che tutti accomuna.
E poi, dopo aver perdonato, quel dolore lo si lascia andare senza trattenerlo…
Risulta più facile ora trasformarlo in un nuovo vigore per ricominciare metaforicamente a camminare nella nostra vita...
Il passato è polvere.

Focalizzarsi su un evento o su una persona che ci ha creato sofferenza, è dargli ancora potere nel presente di farci ancora STARE male. E così si rimane con l’attenzione al passato.
Vittima è colui che si radica nel dolore di un evento passato e lo fa crescere nel presente, attraverso la ruminazione.
Vittima è colui che continua a richiamare ciò che è passato e si auto-flagella nel ricordo.

Il punto non è ciò che ti accade ma come tu elabori ciò che ti accade.
Come “vedi” e “interpreti” l’esperienza.




Se sei ingrado di distaccartene anche solo un po’, di "guardare la cosa dall'alto", potrai coglierne anche altre sfumature e il dono che vi è nascosto, l'insegnamento... per proseguire il cammino più consapevole!
Malattia è la rinuncia al piacere erotico della vita, essendo la rinuncia una forma di inibizione. Sovrano è il soggetto della potenza” affema Guido Savio - psicoanalista - cioè colui che può essere e trasformare la sua vita secondo il suo esserci attraverso azioni e  soluzioni.
In questa ottica, non importa più perché una cosa è accaduta ma come risolverla.
Non importa più se la persona si scusa ma semmai ha importanza come alleggerire noi stessi, per riprenderci la nostra vita! :)

Le difficoltà e le ferite dell’ esistenza divengono allora una possibilità di crescita.



http://www.lombardiaspettacolo.com/cinema/ArrivanoIFilm1995-2002/SCHEDE%201995_1996/COME%20DUE%20COCCODRILLI.pdf
http://www.psicoanalisi-pratica.com/
http://www.youtube.com/watch?v=C474UImh59o

Con affetto,
Tomoe.

mercoledì 5 ottobre 2011

I Veri Dieci Comandamenti

[Fonte]:
Cari lettori di Altrogiornale, oggi abbiamo deciso di proporvi una tematica abbastanza scottante,  come d’altronde è inevitabile quando si affrontano temi che implicano il sentire più profondo e che determinano scelte di vita, come la religione e la fede che le è necessariamente annessa.
Tutti noi, quando da bambini siamo stati indotti – più o meno volontariamente – a frequentare le lezioni di catechismo, siamo stati indottrinati al contenuto dei dieci comandamenti consegnati – secondo la Bibbia– a Mosè sul monte Sinai, decalogo obbligatoriamente da rispettare affinché un fedele possa definirsi “Cattolico”.
Ma se vi dicessi che i dieci comandamenti che ci sono stati finora propinati sono stati quasi completamente inventati dalla Chiesa, perché nel decalogo della Bibbia originale… non esistono …la situazione come cambierebbe?
I veri dieci comandamenti, ben diversi da quelli a noi insegnatici, sono presenti nella Bibbia nei libri dell’Esodo 20: 2-17 e in Deuteronomio 5: 6-21; riportati di seguito nella tabella (a sinistra) e comparati con i comandamenti falsificati della versione ufficiale del catechismo cattolico (a destra):
 
Il Decalogo originale secondo l’Antico Testamento (Deuteronomio 5: 7-21): Il Decalogo secondo la Chiesa Cattolica:
1. Non avere altri dèi di fronte a me. 1. Non avrai altro dio fuori di me.
2. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla Terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a quelle cose e non le servirai. Perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano, ma usa misericordia fino a mille generazioni verso coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti !?
3. Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio perché il Signore non ritiene innocente chi pronuncia il suo nome invano. 2. Non nominare il nome di Dio invano.
4. Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuo ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero, che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato. 3. Ricordati di santificare le feste.
5. Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. 4. Onora tuo padre e tua madre.
6. Non uccidere. 5. Non uccidere.
7. Non commettere adulterio. 6. Non commettere atti impuri.
8. Non rubare. 7. Non rubare.
9. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. 8. Non dire falsa testimonianza.
!? 9. Non desiderare la donna d’altri.
10. Non desiderare la moglie del tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo. 10. Non desiderare la roba d’altri.
 
Come è possibile constatare dalla tabella comparativa, nel primo comandamento del decalogo del Deuteronomio – il comandamento originale per intenderci – Dio comanda al suo popolo di “non avere altri dèi al di fuori di lui”, ammettendo implicitamente l’esistenza e la presenza di più dèi. Il vero motivo per cui l’ipotetico redattore della Bibbia (di certo un alto dirigente ebreo, e non Dio!) ha imposto agli ebrei questo comandamento è perché, nonostante vi fossero diversi tentativi di unificare il popolo ebraico ormai allo sbaraglio dopo la cacciata dall’Egitto, gli ebrei, infischiandosene altamente di ciò che diceva il loro dio, o di chi glielo voleva imporre, non furono mai fedeli a questa divinità dimostrando addirittura in molti casi di non conoscerla neppure, adorando ogni sorta di divinità egizia, sumera, assira, fenicia ed altre divinità di tutte le razze e religioni; tutte eccetto il dio biblico.

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