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sabato 5 settembre 2015

Risvegliarsi non è necessariamente piacevole - John de Ruiter


Testi e immagini per la meditazione - yoga - meditation - zen

Risvegliarsi non è necessariamente piacevole;
ti ritroverai a vedere
perché per tutto questo tempo
hai scelto di dormire.
Quando ti risvegli,
la prima cosa che vedi
è che la Realtà non esiste per te,
ma tu esisti per essa.
Per quanto sia scioccante,
quando lasci che questa realizzazione
ti penetri dentro,
c’è quiete.
Non devi più faticare
per tenere insieme una realtà
che non esiste,
forzando di essere reale
quello che non è reale.
Tu e questa vita che hai vissuto
non siete reali…
Nel lasciare che questo ti entri dentro,
anche attraverso lo shock… il dolore… l’annichilimento,
c’è riposo.
La realtà è quando
tutto quello che vuoi sapere
è quello che è vero…
così che puoi lasciarlo entrare
ed essere vero.
La realtà non è un posto sicuro per te,
il te che tu hai creato.
E’ il solo posto dove morirai;
dove non c’è spazio
per le tue speranze,
per i tuoi sogni.
Una volta ce l’hai lasciata entrare,
quando cominci a ri-risvegliarti,
a lasciare che la Realtà ti risvegli,
niente può più farla andare via.
Questo è l’inizio della tua fine.
Risvegliarsi può essere molto più doloroso
che l’agonia dei tuoi sogni,
ma risvegliarsi è reale…
E ci sarà un’integrazione;
una fusione di te e della realtà.
Tu e la realtà diventerete uno
in un mondo che non accetta né vuole uno,
ma due.
Diventerai un servo amato
invece che un maestro controllore  …
John De Ruiter è un filosofo e srittore canadese, noto ad un vasto pubblico. Trasmette i suoi insegnamenti mediante degli incontri, durante i quali risponde direttamente alle domande dei presenti, principalmente presso il suo college di filosofia integrata a Edmonton.
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lunedì 28 novembre 2011

GIOIA



GIOIA
Gioia in ogni Cuore
Gioia a tutti gli esseri
La Gioia è una saggezza speciale.
La Gioia, nella sua essenza, è una qualità dell'Anima.
Quando siamo davvero gioiosi ci possiamo dire infusi d'Anima. Una tale gioia dell'Anima porta con sé serenità, stabilità e quiete.
Questi sono autentici attributi della Gioia.
 GIOIA
Vostra sarà la gioia di aver partecipato al Piano dei Maestri ed è tutto questo che vi lega più strettamente ad essi; vostra sarà la gioia di aver contribuito ad  alleviare un mondo bisognoso, di aver portato luce alle anime offuscate, di aver in qualche misura lenito le piaghe aperte della sofferenza mondiale; dalla coscienza di aver speso bene i propri giorni e dalla gratitudine delle anime salvate deriva la gioia più profonda di tutte, quella che conosce un Maestro quando si fa strumento per aiutare un fratello a salire un gradino della scala. Questa è la gioia che ci attende tutti e che non è così lontana. Lavorate dunque non per la gioia, ma in direzione di essa; non per ottenere una ricompensa, ma per una necessità interiore di aiutare; non per ricevere gratitudine, ma sotto l’impulso suscitato dall’aver percepito la visione e aver capito quale sia la parte che vi spetta nel portare quella visione quaggiù sulla Terra.
Sarà utile fare una distinzione fra felicità, gioia e beatitudine.
La felicità ha sede nelle emozioni ed è una reazione della personalità.
La gioia è una qualità dell’anima e viene realizzata nella mente, quando ha luogo l’allineamento.
La beatitudine appartiene alla natura dello Spirito ed è inutile fare speculazioni al riguardo, fintanto che l’anima non sia giunta all’unificazione con il Padre.
Questa unificazione segue lo stadio anteriore in cui il sé personale si è unificato con l’anima. Perciò, analisi e speculazione sulla natura della beatitudine sono vane per l’uomo comune, le cui terminologie e metafore devono necessariamente essere personali e connesse al mondo dei sensi.
L’aspirante parla di felicità o di gioia? Se si tratta di quest’ultima, essa deve essere un effetto della coscienza di gruppo, della solidarietà di gruppo, del senso d’unione con tutti gli esseri e non può essere interpretata in termini di felicità. La felicità è ciò che si prova quando la personalità viene soddisfatta in qualche aspetto della sua natura inferiore; si prova quando vi è un senso di benessere fisico, di contentezza nei confronti del proprio ambiente o di personalità che ci circondano, o di soddisfazione nelle opportunità e nei contatti mentali. La felicità è la meta del sé inferiore separato.
Tuttavia, quando cerchiamo di vivere come anime, la contentezza dell’uomo inferiore perde d’importanza e proviamo gioia nelle relazioni di gruppo e nel realizzare le condizioni che conducono ad una migliore espressione delle anime di coloro con cui siamo in contatto. Apportare gioia ad altri per creare condizioni in cui essi possano meglio esprimere se stessi può avere un effetto fisico, se cerchiamo di migliorare le loro condizioni materiali, o un effetto emotivo se la nostra presenza infonde loro un senso di pace ed elevazione, oppure l’effetto può essere intellettuale se li stimoliamo a maggior chiarezza di pensiero e comprensione. Ma l’effetto su di noi sarà la gioia, poiché la nostra azione è esente da egoismo ed interesse personale e non dipende dalle circostanze o dalle condizioni sociali dell’aspirante.
Molta felicità è necessariamente impedita quando la salute è malferma, quando le circostanze ambientali sono difficili e si è oppressi dal “karma accumulato in molte vite”, oppure quando turbamenti nella famiglia, nella nazione o nella razza gravano sulla personalità sensibile.
La felicità della giovinezza o la contentezza egoistica della persona isolata nell’egocentrismo (che si nasconde dietro il riparo dei suoi desideri) non deve essere confusa con la gioia.
È un luogo comune e anche un paradosso dell’occultismo affermare che in mezzo alla profonda angoscia e infelicità della personalità, la gioia dell’anima può essere sentita e riconosciuta. Questa è la verità e a ciò deve mirare ogni studente.
Vi sono persone felici perché chiudono gli occhi alla verità o sono autoipnotizzate e si nascondono in un guscio di illusione.
Ma l’aspirante raggiunge spesso lo stadio in cui i suoi occhi sono ben spalancati; egli ha imparato a parlare con se stesso il linguaggio della verità e non ha costruito una parete di separazione fra sé e gli altri. Egli è vivo e desto, è sensibile e spesso soffre. Egli talvolta si chiede perché ciò che il mondo chiama felicità e pace lo abbiano abbandonato, e quale sarà l’esito.
Noi che osserviamo e guidiamo dal lato interiore, sorvegliamo con amorevole cura tutti voi che lottate nel fitto della mischia. Siamo come lo Stato Maggiore che segue il corso della battaglia da una posizione sicura. Nella nostra sicurezza sta il vostro successo finale, poiché noi deteniamo la soluzione di molti problemi e la applichiamo quando le condizioni della battaglia sono avverse. Vorrei che ricordaste sempre un fatto di vitale importanza, cioè che
nella distruzione della forma è nascosto il segreto di tutta l’evoluzione.
Non pensate che sia un luogo comune. Ne vedrete la costante applicazione ed è necessario che siate preparati a vederne la dimostrazione. I Maestri utilizzano la forma fino al limite massimo; essi cercano di operare attraverso essa, tenendovi imprigionata la vita fintanto che quella forma serve allo scopo e l’umanità ne trae insegnamento. Giunge però il momento in cui essa non serve più allo scopo prestabilito, in cui la struttura si atrofizza, cristallizza ed è facile distruggerla. La sua distruzione acquista allora estrema importanza e utilità; la vecchia forma scompare, mentre una nuova ne prende il posto. Osservate e costatate se non è la verità. Sempre viene costruita una forma, sempre viene utilizzata il più a lungo possibile, sempre viene distrutta quando impedisce e ostacola l’espandersi della luce e sempre segue la rapida ricostruzione di una nuova forma.
Questo è il metodo seguito sin dall’inizio dei tempi.
(A.A.Bailey, Trattato di Magia Bianca, editrice Nuova Era, Roma 1993, pag. 169-171)
GIOIA
Distacco significa aver conseguito uno stato di coscienza in cui esiste l’equilibrio e in cui non domina né il piacere né il dolore, perché sostituiti dalla gioia e dalla beatitudine. Dovremmo riflettere molto su queste parole, poiché è necessario sforzarsi al massimo per giungere al distacco.
Prendere le cose piacevoli che si presentano come affidateci per diffondere gioia, e non ribellarsi alla felicità e al piacere nel servizio, pensando che ciò sia un errore. La sofferenza nasce dalla ribellione del sé inferiore. Dominando il sé inferiore, eliminando il desiderio, tutto è gioia.
Così, tramite la parte, si stabilisce il contatto col Tutto e si sperimenta un’espansione di coscienza che è beatitudine, o gioia. Ogni realizzazione dell’unità della parte col Tutto è fonte di beatitudine.
Il desiderio di possessi materiali deve tramutarsi in aspirazione per i beni che sono la gioia dell’anima: saggezza, amore e potere di servire. Pace, sicurezza e retta aspirazione!
A.A. Bailey
ESERCIZIO DI EVOCAZIONE DELLA GIOIA
Assumiamo una posizione in cui possiamo rilasciare il corpo fisico, calmare le emozioni e stabilire uno stato di silenzio mentale.

Atteggiamo le nostre labbra ad un lieve sorriso.
Riflettiamo brevemente sul valore e sul significato della Gioia e sulla sua utilità nella vita di tutti i giorni.
Apprezziamo e desideriamo la Gioia, evocandola pronunciando mentalmente la parola GIOIA e visualizzando un immagine che esprime gioia (es. il sole).
Immaginiamo delle situazioni della vita quotidiana dove sarebbe utile esprimere gioia. 
Evochiamo in noi la gioia e irradiamola intorno a noi.
Proponiamoci di rimanere gioiosi durante tutta la giornata come esempio vivente di gioia, qualsiasi evento accada.
Irradiamo gioia intorno a noi, visualizzando l'ambiente circostante e ampliamo la nostra irradiazione di gioia in cerchi sempre più grandi fino ad includere l'intero pianeta illuminato dal sole.
Quando lo riteniamo opportuno, riprendiamo il contatto con il nostro corpo fisico, acceleriamo il nostro respiro, muoviamo le mani e le gambe e riportiamo la nostra attenzione al qui e ora.
GIOIA

venerdì 5 novembre 2010

Dove è la mente?



Sveglia la tua volontà, possente e suprema:
pratica l'amore, dai gioia e protezione;
che la tua generosità sia come lo spazio:
senza confini né discriminazioni.
Fa buone cose, non solo per te
ma per tutti gli esseri dell'universo;
salva e libera coloro che incontri;
aiutali a conseguire la saggezza della via.

PRAJNAPARAMITA




Dove è la mente?
di Lama Geshe Gedun Tharchin



Dov’è la mente? Questo è il problema principale da affrontare, la mente è invisibile, senza forma, si presenta come fenomeno psicologico, di pensiero, è l’aspetto più difficile da comprendere, non è maneggevole, eppure tutta la nostra felicità o infelicità dipendono dalla mente, per questo è fondamentale saperla riconoscere, dunque meditare.
La connessione tra la meditazione e la mente è basilare così come lo è il legame tra i concetti, l’immaginazione, i pensieri con la struttura biochimica del corpo, perché lo stato biologico condiziona inevitabilmente quello mentale.
Poiché in Europa viviamo in una società avanzata culturalmente, scientificamente, tecnologicamente, siamo in grado di analizzare i fattori biochimici del corpo e la loro influenza sullo stato meditativo, un armonico funzionamento fisiologico favorisce una buona meditazione.
E’ sorprendente constatare come alcune reazioni emotive siano determinate da precise condizioni fisiche. Nella mia cultura, nei miei studi, si tendeva a considerare esclusivamente l’aspetto mentale e psicologico degli eventi, incluse le emozioni, mentre ora sappiamo che questo non è l’unico fattore che le determina, anche il corpo ha il suo peso.
Anche nelle antiche tradizioni si riconosceva che alcune reazioni potevano sorgere su una base fisiologica, ma mancava la capacità di analizzarle scientificamente, ora invece se ne può misurare e comprovare l’influsso sullo stato mentale, emotivo e persino spirituale.
Se negli insegnamenti classici si insegna a riconoscere e distinguere le tendenze positive dalle negative e a lavorare su se stessi per trasformare le emozioni eccessive, la tecnologia moderna pare disporre di strumenti in grado di valutare il livello di infelicità o infelicità dei soggetti, di codificare ogni stato d’animo, incrociando tutte le variabili sino a poter stabilire la personalità buona o cattiva e le tendenze individuali.
Non c’è però contraddizione tra il procedimento tradizionale della mente e quello della scienza moderna, entrambe sono presenti, sia la componente più strettamente legata alla reazione fisiologica che quella emotiva elaborata su un piano mentale.







Ogniqualvolta ritorno a casa e incontro i miei genitori mi sento felice, ma quando devo lasciarli la tristezza è profonda e sul piano mentale questo è giustificato dal distacco, dalla lacerazione affettiva, ma anche sul piano biologico avvengono reazioni che spesso non sono sufficientemente prese in considerazione.
Questo è un aspetto sottile su cui ragionare per poter comprendere cosa sia in realtà la mente, quando si è felici si dice “questa è la mente”, e altrettanto quando si è infelici, ad esempio tutti parlano della telepatia, ma non è detto che si tratti di un fatto solo mentale, potrebbe dipendere anche da elementi fisici che determinano una comunicazione molecolare senza fili tra le persone. La scienza oggi offre maggiori strumenti per analizzare e comprendere questi fenomeni e prenderne atto non significa affatto entrare in contraddizione con i procedimenti tradizionali classici, al contrario, esaminando i due aspetti nella loro complementarietà sarà più facile comprendere la natura dei fenomeni, come si formano e perché.
La radice della felicità o dell’infelicità affonda in noi stessi e soltanto nella costruzione di un equilibrio, frutto dell’elaborazione mentale delle reazioni emotive, sarà possibile controllare l’aspetto biochimico affinché non divenga predominante.

Il corpo, secondo le antiche definizioni tradizionali, è costituito dai quattro elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco e aria, differenti e tra loro in costante antagonismo, ciò rende impossibile la stabilità della materia in una condizione di quiete e di serenità; sul piano fisico il caos e la confusione sono costanti, il cambiamento è ininterrotto, lo sviluppo di un bambino è visibile giorno per giorno e altrettanto l’energia incontrollabile dell’adolescente, anche l’adulto cambia continuamente giungendo alla vecchiaia e infine alla morte, come può questo corpo, in una situazione di perenne mutamento, trovare pace, serenità, equilibrio? Impossibile, persino nelle scritture antiche si dice che se anche si vivesse in un palazzo dorato, non sarebbe possibile avere felicità e pace, anzi maggiori sono le comodità del corpo più grande è la confusione della mente.
La vera questione da affrontare è: cos’è la mente? cosa sono queste emozioni piacevoli o spiacevoli che influenzano così pesantemente il proprio stato, che natura ha tutto questo?
Sottostante a questo sentirsi bene o male, come si colloca questa aggressiva percezione di io, di essere pesantemente presente in ogni situazione eppure altrettanto indefinibile, imprendibile, che cosa è dunque questo io? è la cosa più misteriosa in noi, quando si cerca di afferrarlo scompare, ma quando non se ne ha coscienza ricompare prepotentemente. E’ un fenomeno sorprendente, come un magnifico arcobaleno ben visibile, ma se si tenta di afferrarlo non c’è nulla da ghermire.
Questo senso dell’io che ci fa dire: “io sto bene… io sto male… io sono così… io sono in un altro modo…” cos’è? da dove viene? perché è soggetto costantemente alla pressione di dover essere il migliore, in ogni aspetto fantastico, superiore?
Nell’insegnamento spirituale classico la domanda su cosa sia l’io in tutte le sue manifestazioni è fondamentale.
Potremmo considerare questa presenza prepotente e manifesta fin dalla nascita come il peccato originale, ovunque si vada si è protetti dalla maschera di questo io.
Se subiamo un’aggressione non diciamo: il corpo è stato battuto, il braccio è stato spezzato, la testa ha ricevuto percosse, ma: mi hanno picchiato, mi stanno uccidendo, io ho un dolore tremendo…” perché istintivamente siamo prevaricati da questo presunto me, dall’arrogante io con cui ci identifichiamo totalmente.
Tanto è maggiore l’emozione quanto più evidentemente si impone l’io, però se ne avessimo maturato una chiara consapevolezza saremmo in grado di riconoscerlo, di imparare ad osservarlo.
Qui sta la radice del problema, ma la radice è sconosciuta e questo rappresenta un ulteriore problema, ecco perché l’ignoranza fondamentale è realmente la causa di tutti i problemi.
L’ignoranza fondamentale è la non conoscenza del problema stesso, e per questo nelle scritture si insiste sulla necessità della realizzazione del sé, cioè di conoscere cosa esso realmente sia.
Non conoscere la radice del problema significa non conoscere il problema stesso, e dunque non conoscere l’io, perché conoscendo l’io si conoscerebbe la radice del problema e se ne troverebbe la soluzione, ma questa conoscenza è ottenibile soltanto nella pratica della meditazione.
Nella meditazione è possibile giungere alla radice del problema, all’io, al sé e dunque alla mente stessa. Non si tratta di meditare sulla mente degli altri, questo sarebbe davvero assurdo e impossibile, persino meditare su oggetti esterni è difficile, bensì di meditare sulla propria mente, un compito estremamente arduo visto che non se ne conosce l’essenza, e allora, come si può meditare su qualcosa di cui si ignora persino l’esistenza?
Da questi interrogativi risulta evidente come la nostra visione del mondo sia assolutamente illusoria. Generalmente si pensa che l’illusione sia una conoscenza falsa, ma in realtà non è così, l’illusione è non-conoscenza, se non si conosce nemmeno la propria mente com’è possibile conoscere ciò che la mente conosce? questa è l’illusione fondamentale e, non conoscendo la propria mente, come si può conoscere altro?

 


Canto di Mahamudra
Milarepa
Quando medito su Mahamudra
Riposo senza conflitti nel mio vero essere.
Riposo nello spazio, senza distrazioni.
Dimoro nella chiarezza dello spazio di Vacuità.
Dimoro nella consapevolezza dello spazio di beatitudine.
Riposo tranquillo nello spazio non concettuale.
Nello spazio diversificato riposo in concentrazione.
Dimorando così, questa è la mente originale.
La ricchezza di certezza si manifesta senza fine.
Senza nulla fare la luminosità della mente è attiva.
Non fermato dall’attendere risultati, sto bene.
Senza dualità, senza speranza, senza paura!
Le afflizioni trasformate in saggezza,
sono essere gioioso e luminoso.



____________________________________________
Fonti:
-
www.geduntharchin.it
- www.lamentemente.com - Testo, libri consigliati e video collegati

Link:
- La mente e i pensieri...


giovedì 4 novembre 2010

Interagire senza il movimento egoico

di Eckhart Tolle

Fino a quando è l’ego personale a dirigere la vostra vita, la maggior parte dei vostri pensieri, emozioni ed azioni sarà determinato dal desiderio e dalla paura.
Nelle relazioni, o volete qualcosa dall’altra persona oppure ne avete paura.
Quello che volete dall’altro può essere:
piacere o guadagno materiale, riconoscimento, lodi o attenzione oppure un rafforzamento del vostro senso del sé attraverso il confronto e lo stabilire che siete, avete o conoscete più dell’altro.
Quello di cui avete paura è che succeda l’opposto e che sia l’altro che in qualche modo diminuisca il vostro senso del .
Quando fate del momento presente il punto focale della vostra attenzione – invece di usarlo come un mezzo per un fine – andate aldilà dell’ego ed aldilà della compulsione inconscia di usare le persone come mezzo per un fine, intendendo per fine la valorizzazione di se stessi alle spalle degli altri.
Quando date la vostra completa attenzione a qualsiasi persona con la quale state interagendo, togliete passato e futuro dalla relazione, fatta eccezione per le cose pratiche.
Quando siete totalmente presenti con qualsiasi persona incontriate, allora lasciate andare l’identità concettuale che avevate fatta per loro, la vostra interpretazione di chi essi sono e di cosa hanno fatto nel passato – e siete così in grado interagire senza il movimento egoico di desiderio e di paura.
L’attenzione vigile quiete, è la chiave.
Come è meraviglioso, nelle vostre relazioni, andare oltre il volere condizionato e l’aver paura.
L’amore incondizionato non vuole nulla né ha paura di nulla.
[...]

Ogni volta che incontrate qualcuno, non importa quanto breve sia l’incontro, provate a domandarvi:
a)  riconoscete il suo essere, dandogli la vostra completa attenzione?
b) o lo riducete a un mezzo per un fine, ad una mera funzione o ad un ruolo?
c) qual è la qualità della vostra relazione con la cassiera al supermercato, con il guardiano del parcheggio, con il meccanico, con il «cliente»?

Un momento di attenzione è sufficiente.
Nel "come" li guardate o li ascoltate, c’è una quiete vigile, forse solo due o tre secondi, forse di più.
Questo è abbastanza perché possa emergere qualcosa di più reale dei ruoli che giochiamo di solito e con cui siamo identificati.
Tutti i ruoli sono parte della coscienza condizionata che è la mente umana.
Quello che emerge, attraverso l’atto di attenzione, è l’incondizionato:
chi siete voi nella vostra essenza, al di là del vostro nome e della forma che avete.
Non agite più come da copione, diventate reali.
Quando quella dimensione emerge dalla vostra interiorità, attira anche la stessa dimensione dall’interiorità dell’altra persona. [1]



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