Riceviamo da Tomoe e volentieri pubblichiamo.
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La forza che ci conduce
è la stessa che accende il sole
che anima i mari
e fa fiorire i ciliegi.
La forza che ci muove
è la stessa che si agita nelle sementi
con il suo immemore messaggio di vita.
La danza genera il destino
sotto le stesse leggi che vincolano
il fiore e la brezza.
Sotto il girasole dell'armonia
tutti siamo uno.
di Rolando Toro
Molta la gente che si è avvicinata con curiosità, accalcandosi attorno! Erano i ragazzi degli “Abbracci liberi”, i “Free Hugs”!
Promuovono nelle varie piazze del mondo il valore dell’abbraccio incondizionato, il darshan induista: un gesto che proviene dal cuore, libero, gratuito.
Sito ufficiale: http://www.freehugscampaign.org/
Chiunque può fermarsi e raccogliere un abbraccio, dato con calore e spontaneità da questi ragazzi sorridenti, pronti a trasmettere il senso
profondo ed intimo di un gesto avvolgente, che ci riporta immediatamente al benessere per la sua intrinseca dimensione affettiva e di contatto…
Allora mi piace ricordare che anche in Biodanza, disciplina integrata nata dal genio di Rolando Toro, esistono numerosi esercizi di viensia
che promuovono l’abbraccio e il contatto fisico, come manifestazione profonda ed emozionale dell’essere umano.
Riporto qui sotto una sintesi dello splendido articolo di Sandra Salmaso tratto dal numero cartaceo di Terra Nuova – Novembre 2007
Attraverso la pelle s’impara l’amore
Il contatto e la carezza sono bisogni primari dell’essere umano. «È attraverso la pelle» scrive Asley Montagu «che diventiamo esseri in grado di amare».
In genere, quando si pensa ai bisogni primari dell’essere umano, ci si dimentica che uno dei principali, sin dai primi giorni di vita, è quello del contatto. Le ricerche sulla formazione della vita nel periodo intra-uterino hanno dimostrato quanto il bisogno emotivo di contatto sia una necessità fondamentale sin dai primi giorni di vita del feto. Il sistema nervoso e quello tegumentario (pelle e annessi cutanei) si formano dallo stesso foglietto embrionale: l’ectoderma. Questa origine comune fa sì che esista tra i due sistemi una stretta relazione e che già il feto presenti un’enorme sensibilità alla stimolazione tattile. Il senso più strettamente associato con la pelle, il tatto, è il primo a «formarsi» a livello embrionale: primo ponte di collegamento tra il nuovo essere e il mondo esterno. Secondo i principi dell’embriologia una funzione vitale è tanto più importante quanto più precocemente si sviluppa. Essendo l’organo della pelle e il senso del tatto fra i primi a formarsi nell’embrione possiamo comprendere come, anche dal punto di vista neurofisiologico, la funzione del contatto sia un bisogno primario dell’uomo.
Effetti fisiologici della carezza
La pelle ha due principali funzioni: quella di «proteggere» delimitando i confini dell’io corporeo e quella di «sentire la fusione» con l’altro, quando ad esempio restiamo abbracciati e ci sentiamo un tutt’uno; e proprio la trasformazione del «limite corporale» ad essere uno degli effetti più importanti della carezza.
«Solo trasformando il nostro limite corporale» spiega lo psicologo e antropologo cileno Rolando Toro, ideatore della Biodanza [1] «in qualcosa di plastico, capace di trasparenza e di proiettare e irradiare la nostra identità, possiamo vincolarci autenticamente con le altre persone e con l’universo intero.»
La duttilità della pelle (sensibilità tattile-erogena) e della muscolatura (cinestesia) è di importanza vitale per un’identità sana». Sensibilizzare la pelle toccandola adeguatamente significa dunque sensibilizzare la nostra identità, noi stessi. Oltre che a livello esistenziale, la carezza induce trasformazioni anche a livello organico: dare e ricevere carezze ha lo stesso potere di certi farmaci, poiché attiva nelle cellule il processo di produzione delle endorfine e di alcuni ormoni: è come un tocco «magico» che sana.
La prima esperienza
La prima esperienza di contatto è con la madre. I gesti affettivi che permettono al neonato di crescere sano e sicuro, amabile e forte sono i gesti più antichi dell’accudimento e del dare e ricevere affetto: cullare, abbracciare, accarezzare, baciare, stare vicini, guardarsi. La soddisfazione di questa esigenza è fondamentale per conquistare sicurezza e la convinzione di essere desiderati e stimati, condizione necessaria perché l’adulto sia poi in grado di sentirsi coinvolto e consolidato nella relazione con l’altro. È grazie al contatto con la madre che, normalmente, il bambino apprende nei primi giorni di vita che c’è sempre qualcuno disposto a prendersi cura di lui e a soddisfare i suoi bisogni. È in questo modo che il neonato apprende, come atteggiamento fondamentale, il principio positivo che può fidarsi dei congeneri; atteggiamento che Erik Erikson [2-3] chiama «fiducia originaria»: pilastro della personalità sana. Noi ne diamo prova in infinite situazioni della vita quotidiana, sia che ci affidiamo ad un mezzo di trasporto pubblico, sia che chiediamo informazioni a qualcuno: ci attendiamo del bene dai nostri congeneri, e nulla amareggia più di una fiducia delusa. La fiducia originaria è la premessa di ogni atteggiamento positivo verso gli altri, della capacità di identificazione con la collettività e di ogni forma d’impegno sociale e più in generale della capacità d’amare. L’amore dunque s’impara sulla pelle. Una buona relazione con la madre (o con la madre succedanea) si intesse su una trama di reciprocità: il piacere del contatto corporeo gratifica e soddisfa sia il bimbo, sia la madre. Un buon contatto tra padre e figlio dona sicurezza e stabilità.
Amore e sviluppo
Una condizione ambientale che assicuri una qualità di reciprocità e sincerità affettiva permette di esprimere e sviluppare comportamenti spontanei, naturalezza nel contatto, piacere corporale e accoglienza. In queste condizioni la dimensione della comunicazione può raggiungere un grado d’integrazione molto elevato, manifestando la capacità di un contatto caldo e accogliente: un contatto affettivo. Gli studi di Renè Spitz [4], noto neuropsichiatria infantile, sui bambini, ospedalizzati oppure orfani, hanno rappresentato una rivoluzione in pediatria perché hanno evidenziato che le carezze e il senso di sicurezza, come quello trasferito tenendo per esempio in braccio il bebè, sono fattori essenziali per lo sviluppo. I suoi studi hanno dimostrato che, nei bambini privati nei primi mesi di vita delle più elementari forme di amore, non si stabilisce un collegamento adeguato tra corteccia cerebrale e diencefalo, ponte fondamentale per poter sperimentare la relazione fra il mondo esterno e il mondo interiore, emozionale e viscerale. I bambini che hanno carenze di affetto materno, o da parte di chi si prende cura di loro, ritardano nella crescita e riportano danni irreversibili nell’aspetto motorio, affettivo, del linguaggio e dello sviluppo intellettuale. Margareth Ribble [5] che ha avuto il merito di evidenziare la necessità di tre tipi di stimolazione sensoriale per una crescita sana: il contatto tattile, il movimento cinestesico e il canto.
Il «buon contatto» tra genitori e figli
Affinché il neonato si sviluppi armonicamente e diventi prima un bambino e poi un adulto sano ed equilibrato le esperienze di calore, contatto e protezione, impresse sulla pelle durante la vita prenatale, devono trovare continuità anche nella vita post-natale. «Attraverso il contatto delle mani» scrive Leboyer «il bambino capta tutto: il nervosismo o la tranquillità, l’incertezza o la sicurezza, la tenerezza o la violenza. Sa se le mani lo desiderano. O se sono distratte. O, ciò che è peggio, se lo rifiutano. Davanti a delle mani premurose, affettuose il bambino si abbandona, si apre. Davanti a delle mani rozze, ostili, si isola, si nasconde, si chiude… Quali mani devono sostenere il bambino? Mani leggere, non autoritarie. Che non chiedono nulla. Che «sono semplicemente lì, leggere ma piene di tenerezza e di silenzio» [6].
Se non abbiamo ricevuto un buon contatto non possiamo comunicarlo, dobbiamo ritrovare la carezza, riempire la carenza, altrimenti ci sarà spazio per comportamenti vittimistici o violenti che altro non sono che la risposta alla mancanza. Quando si è goduto il piacere dei massaggi durante la propria infanzia è molto più naturale trasmetterne i benefici ai propri figli; ma se invece siamo cresciuti con poche coccole e carezze, può risultare molto difficile toccare un neonato o praticare un massaggio; diventa necessario riappropriarsi di questa capacità mediante un percorso di educazione al contatto onde riprendere fiducia nella capacità di trasmettere ai propri figli il meglio della tenerezza e dell’affetto. Si possono apprendere semplici giochi tattili, imparare a fare brevi massaggini sulla pancia o sulla schiena, carezze prolungate soprattutto sul dorso e sulla nuca oppure «scrivere» delicatamente con le dita paroline dolci sulla pelle. Spesso dopo questi giochi i bambini si addormentano con grande serenità e senso di appagamento. Esistono diverse modalità di massaggio, praticabili fin dal primo mese di vita; l’aspetto fondamentale è che i tocchi comunichino un messaggio d’amore. Il massaggio rappresenta per il bambino una misura di salute per «crescere bene nella vita» e per i genitori una possibilità di dialogo e d’intesa speciale con il proprio bambino. Il «buon contatto» viene apprezzato dai bambini fino alla pubertà e gli adolescenti possono beneficiare di un massaggio alla nuca o alla schiena dopo una lunga giornata di scuola.
L’Educazione al Contatto
Il riscatto e la riappropriazione della capacità di contatto non è un percorso che riguarda solo mamme e papà. Tra i colleghi di lavoro, gli amici, ma soprattutto nella vita di coppia, la capacità di contatto fisico appropriato è un elemento di comunicazione e di armonia fondamentale per costruire rapporti sani e soddisfacenti. È importante comprendere che un contatto meccanico, privo di attenzione e tenera cura non è mai né utile, né tanto meno efficace. Per essere «buono» il contatto deve avvenire all’interno di un approccio affettivo, in un processo progressivo di comunicazione e di empatia. Per raggiungere la qualità di «carezza» il contatto ha bisogno di connessione:un gesto pieno di attenzione, compiuto nell’ascolto delle richieste reciproche e in feed-back con l’altro. Non si tratta solo di avvicinarsi per un contatto fisico, di darsi una pacca sulle spalle, ma di «connettersi» con l’altro percependolo con rispetto e affettività per il solo fatto che è «portatore di vita».
La carezza: chiave di un contatto armonico
Il contatto delle mani, gli abbracci, le carezze parlano un linguaggio autentico, vivo, senza inganni di sorta nella scoperta reciproca. Quando il palmo della mano si posa sulla pelle e accarezza dolcemente crea una «piccola culla». Quando avvolge ciò che tocca completamente, come l’acqua che aderisce ad ogni forma, comunica una vicinanza totale, una fusione. «Oltre che un piacere» scrive Gérard Leleu «è un vero e proprio linguaggio. Gli esseri comunicano con la voce e lo sguardo, ma quando sentono il desiderio di approfondire un rapporto questi sensi diventano troppo poco. Solo con il contatto si ha la prova tangibile, palpabile della vicinanza, della comunicazione: si ha la sensazione di essere vivi, di essere desiderati». [7]
Attraverso il contatto e le carezze si produce un’autovalorizzazione, perché ci sentiamo desiderati e apprezzati. Accarezzare ed essere accarezzati è l’intimo riconoscimento del nostro valore come esseri viventi «unici».
di Sandra Salmaso.
Da: http://www.aamterranuova.it/article5324.htm
Bibliografia
[1] http://www.scuolatoro.it/home.htm
[2] Erik Erikson, Infanzia e società, Armando Editore.
[3] Irenaus Eibn-Eibesfeldt, Amore e odio. Per una storia naturale dei comportamenti elementari, Adelphi.
[4] R. Spitz, Il ruolo dei fattori ambientali nello sviluppo emozionale nell’infanzia.
[5] F. Leboyer, Shantala. L’arte del massaggio indiano per far crescere i bambini felici, Sonzogno.
[6] F. Leboyer, Per una nascita senza violenza, Bompiani.
[7] Gérard Leleu, Il trattato delle carezze. Sincerità, affetto e passione in un gesto d’amore, Red edizioni.
Un abbraccio colorato e splendente di Luce! :)
Tomoe
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