domenica 11 settembre 2016

La bellezza che potrebbe salvare il mondo

La bellezza che potrebbe salvare il mondo:

Credo che noi, oggi, sottovalutiamo la bellezza. La bellezza dei posti dove viviamo o dove capitiamo per caso. Quella meraviglia che sono i luoghi belli, le campagne verdeggianti, il mare che luccica, i centri delle nostre città con le loro case semplici ed eleganti, le piazze, le fontane, i palazzi, le chiese.

La nostra Costituzione – scritta da gente che ne sapeva più di noi, è evidente – è una delle poche che tutela il paesaggio. I più pensano che sia, chissà, per una questione storica, o culturale, o magari perché avevano considerato che il turismo avrebbe dato pane al nostro paese. Io credo che invece sia perché i Padri Costituenti avevano capito qualcosa dell’anima che a noi sfugge. L’anima, per funzionare bene, ha bisogno della bellezza.

I Greci lo sapevano, come al solito. Per loro la bellezza e la bontà erano una cosa sola. Noi, che veniamo dalla cultura cristiana e cattolica, quando ce lo spiegano al liceo storciamo la bocca con aria di sufficienza, perché nella nostra testa la bellezza è qualcosa di effimero da disprezzare, di superficiale, non la sostanza delle cose, ma l’apparenza che va tralasciata per beni più sostanziali ed importanti.

E invece no, la bellezza non è estetica, non è apparenza, non è superficiale. È qualcosa che scende nel profondo e tocca l’anima, dona pace, riflette l’ordine innato del cosmo, apre le porte alle riflessioni più profonde, svela le leggi dell’armonia.

Chi è circondato dalla bellezza vive meglio, ragiona meglio, capisce di più. Guardate i nostri brutti condomini, le anonime villette a schiera, le squallide strade in cui passiamo i nostri giorni grigi. Guardate le valanghe di ninnoli orrendi con cui arrediamo le stanze delle nostre case, i mobili senza personalità. Ci circondiamo di oggetti sciatti, le nostre città sono fatte di edifici magari comodi ed utili, ma spesso brutti, o, peggio che brutti, senza forma e senza gusto. E non parlo di quella bruttura particolare dei quartieri popolari, dove infilate di casermoni spogli e sgarrupati hanno almeno una loro poesia proletaria: parlo del nulla estetico di certi paesi cresciuti con il boom economico, dove il benessere non ha saputo partorire nulla di esteticamente valido e spesso nemmeno di lontanamente accettabile, solo scatole di cemento che si appoggiano ad altre scatole, ingombrano e non definiscono.

Progettare una cosa brutta, in fondo, non costa di più che costruirne una bella. Ma abbiamo spesso perso il senso delle cose belle, degli edifici integrati con quello che sta attorno, per costruire cose che riflettono solo gli ego dei progettisti o le bizzarre richieste dei committenti, e risultano fuori luogo con il resto e fuori sincrono con noi. Ed è per questo che poi dobbiamo fare viaggi infiniti per cercare di raggiungere posti dove la bellezza c’è ancora, perché quella sotto casa ce la siamo giocata, e non sappiamo nemmeno perché.

Andiamo in vacanza in posti belli perché il nostro cervello, per funzionare bene, ha bisogno di avere attorno la bellezza. Quando la vede si ricarica, si appaga, ricomincia a ragionare, crea. Lo tenessimo presente, la smetteremmo di costruire posti brutti in cui imprigionarlo tutto il tempo, facendolo stressare e lavorare così così.

La bellezza, si dice, salverà il mondo. È vero. O meglio, potrebbe salvarlo. Se glielo lasciassimo fare.

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