sabato 24 luglio 2010

FRAMMENTI D’ANIMO di Cecilia Anesi

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Dall’introduzione dell’autoreIl protagonista del romanzo è The Falling Man, il milite ignoto di quel giorno di guerra senza soldati – l’11 settembre 2001 - ritratto in una foto di Richard Drew. The Falling Man - qui chiamato Apostolis - un uomo che cade seguito dalle due torri. Costretto a scegliere come morire: o tra le fiamme o con un salto nel vuoto. Tutti dovranno scegliere come morire. E se non il mezzo, sicuramente possiamo sceglierne il modo. È così che il viaggio di Apostolis verso la morte, diventa un viaggio nella Vita. Con la caduta l’uomo ne rivive le tappe. I ricordi si intrecciano a quelli delle persone che, parallele, scorrono nel grattacielo mentre lui cade, piano dopo piano.
Ogni personaggio regala ad Apostolis il momento ultimo della propria esistenza, affinché lui possa rompere lo specchio.
È un elogio alla vita. Un viaggio alla scoperta della natura intima ed unica di ogni essere umano. E tutto scorre lungo le torri gemelle, che come un oceano in verticale si schiantano. Si decostruiscono. Si frammentano. Come l’impero che rappresentano.

Citazione dal libro
“C’è una certa poesia nella mia caduta, c’è una certa poesia nella mia storia, c’è una certa poesia che accompagna i miei ultimi momenti. C’è una certa poesia che accompagna me e le altre vite spezzate mentre ci intrecciamo in un solo ricordo. Pensate al falling man – e pensate che in realtà questo è un omicidio. E noi, noi tutti uomini, ne siamo gli autori. Allora dimenticherete la poesia e vedrete la realtà. Però vedrete anche che io sono bello mentre cado, ricordo e muoio. Vedrete che io sono divino e profano. E vedrete che mentre mi schianterò a terra il mio cuore si aprirà al mondo. Io sono Apostolis, the falling man. Nella mia caduta sono racchiuse le storie delle persone che hanno urlato la vita attraverso i riflessi di una torre di vetro. Omicidio o poesia?”

Dalla prefazione”Cecilia vuole, attraverso le voci di questo sciame di uomini in caduta, spronare alla persuasione – che andrebbe cercata, ci insegna un pensatore goriziano caduto troppo presto, in piena e dolorosa solitudine –, fa dire loro che bisogna calarsi in ogni istante presente, cogliere coscientemente il maggior numero di attimi, esperire il mondo senza risparmiarsi, bere tutte le gocce, ingerire tutti i colori, fare sì che i corpi si abbandonino gli uni agli altri, affidarsi alle correnti con una parola per chi ci raccoglierà, non conservare nulla, dare e darsi senza sosta, non avere paura di perdersi, non avere paura di essere zingari, non avere paura di rotolare in un campo, non avere paura di farsi inghiottire dall’oceano, non avere paura di coltivare le proprie immaginazioni, non avere paura, in fondo, di vivere fino in fondo.” 

Luigi Nacci


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