sabato 6 maggio 2017

La coscienza e la sua enigmatica natura




“Chi ha occhio, trova quel che cerca anche ad occhi chiusi.” 
Italo Calvino



Se e quanto le dinamiche coscienziali umane possano avere ricadute sul mondo fisico che ci circonda, è una domanda molto antica che nasce dall’osservazione di eventi che lasciano ipotizzare una collegamento diretto tra la nostra interiorità e la realtà materica. Peraltro, l’impostazione forzatamente manicheistica con cui oggi interpretiamo in termini di semplicistica contrapposizione mente  e materia, viene sempre più smentita dalla ricerca scientifica moderna. Noto è al riguardo quanto provato dalla fisica moderna, ovvero che il semplice atto di osservare un sistema fisico quantistico può provocarne cambiamenti di stato. Si pensi, ad esempio, al mutamento di stato provocato dalla osservazione-misurazione dell’elettrone o del fotone (ma non solo) nel ben noto esperimento della “doppia fenditura”[1].
Il ruolo della coscienza osservante è talmente importante che il grande fisico Niels Bohr (1885-1962) si è spinto ad affermare che: “Un fenomeno fisico non è tale finché non viene osservato”. Secondo lo scienziato Joseph Hilary Michael Whiteman (1906-2007) “per la fisica moderna la questione della coscienza è sorta in rapporto all’osservazione dei fenomeni atomici. La meccanica quantistica ha chiarito che questi fenomeni possono essere compresi solo come anelli di una catena di processi, che termina nella coscienza dell’osservatore umano”.
Un recente lavoro teorico pubblicato sulla rivista Neuroquantology [2] presenta un modello che risulta illuminante in questo contesto. In esso, col nome di Advanced Relativity (AR) viene proposto uno nuovo sviluppo/revisione della complessa Teoria della Relatività di Einstein, qui descritta (anche matematicamente) formalizzando l’integrazione di materia e coscienza. L’idea è che il tempo e lo spazio siano, in realtà, contrariamente a quanto affermato da Einstein, del tutto separati. Il primo non costituirebbe la quarta dimensione del mondo fisico (in aggiunta alle tre spaziali ben note), bensì una mera sequenza numerica dei cambiamenti della materia. Lo spazio, invece, viene qui descritto come tutt’altro che vuoto, benché privo di proprietà fisiche. Esso sarebbe caratterizzato da densità variabile di energia da cui originano: l’energia stessa, la massa e la gravità. Mentre, la coscienza viene descritta come la realtà fondamentale dell’universo; essa opererebbe cambiamenti sul mondo fisico mediante i più bassi spazi dimensionali di Hilbert[3].
Tutto ciò ha, ovviamente, valenza teorica, che, però, ancora nulla ci dice sulla vera natura della coscienza e quindi sull’osservatore. Ebbene al riguardo lo scienziato Amrit Sorli su un suo articolo dal titolo “On the Origin of the Observer” (Sull’origine dell’osservatore), rifacendosi al teorico J. Łukasiewicz propone l’adozione di una logica trivalente. Quest’ultima prevede un universo governato non solo da materia ed energia, ma anche  da una terza entità, diversa dalle altre due, che rappresenta la coscienza. Ciò in quanto, come dice Sorli, “…non possiamo escludere l’esistenza di fenomeni che non siano una forma di energia”[4].
Il temibile Effetto Pauli
Può essere curioso ed al contempo interessante soffermarsi , visto l’argomento trattato, sulla credenza secondo cui alcune persone sembrano essere in grado, con la loro sola presenza, di provocare malfunzionamenti di apparati elettrici e/o meccanici. La questione, che nei casi ben documentati è stata a volte interpretata come una forma di interazione psichica inconscia sulla materia, presenta curiosi risvolti anche in ambito scientifico… Mi riferisco al cosiddetto “Effetto Pauli”. Ma vediamo di cosa si tratta.
Premesso che la denominazione scaturisce dalla simpatica ironia di alcuni scienziati, essa rimanda al geniale fisico e Premio Nobel austriaco Wolfgang Ernst Pauli (1900-1958). Quest’ultimo si era fatto la fama del “menagramo scientifico”, in quanto in sua presenza, come ripetutamente osservato in alcuni laboratori di ricerca, gli esperimenti tendevano a fallire e la strumentazione improvvisamente a guastarsi. Tale idea era talmente radicata tra i fisici che addirittura il suo collega Otto Stern (1888-1969) arrivò a proibirgli l’accesso ai laboratori durante le sperimentazioni. Ma, com’è risaputo, contro il destino c’è poco da fare.
Infatti, come narra un curioso e divertente episodio, un giorno nel laboratorio di James Franck a Gottinga si verificò uno scoppio inatteso ed un costoso strumento andò completamente distrutto. Agli scienziati che stavano operando in quel momento, non essendo presente Pauli, per una volta non venne in mente di addossagli alcuna colpa. Ma non avevano fatto i conti con la potenza dell’Effetto Pauli… Solo in seguito, infatti, si scoprì che, negli istanti in cui avveniva l’incidente, il treno su cui viaggiava Pauli, diretto da Zurigo a Copenaghen, si era fermato per una brevissima sosta proprio nella stazione di Gottinga!

[2] Sorli et al., Advanced relativity: unification of space, matter and consciousness, NeuroQuantology, December 2016, Volume 14, Issue 4, PP 645-656.
[3] In ambito matematico gli spazi di Hilbert rappresentano spazi vettoriali su cui viene definito un prodotto scalare. Essi hanno come caratteristica la completezza (fonte Wikipedia).
[4] Amrit Sorli, On the Origin of the Observer, American Journal of Modern Physics, Vol. 3, No. 4, 2014, pp. 173-177. 

FONTE: 
http://www.barlettanews.it/la-coscienza-la-sua-enigmatica-natura/

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